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qualcuno sorga un giorno a trarre dall’attuale conflitto tutti quei moniti, anche dal punto di vista religioso e morale, degni di essere meditati, perchè i fatti abbiano a divenire davvero una scuola per gli uomini.

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Ogni speranza sembrava perduta. Un vento di distruzione era soffiato dalle antiche terre e su le antiche chiese: aveva vuotato i conventi e disertato gli altari: scacciati dai, templi i vecchi morti, scacciato Dio dal sacrario. E’ parso che fosse crollato tutto un mondo, laggiù, un mondo dí memorie e di fede, il mondo delle glorie e dei morti. Ed essi — i proscritti — hanno sentito un brivido di freddo passare nelle loro ossa di condannati ad un mestiere oscuro, per non morire di fame, vecchi soldati costretti a nascondere la propria divisa per non essere perseguitati. Ed altri, i più giovani, quelli che sognavano una Francia diversa, una Francia che avesse virtù di ritrovare se stessa e le sue tradizioni su gli altari infranti e nelle tombe dimenticate, hanno avuto come un senso improvviso di schianto, quando la tempesta è passata, e si sono piegati a confortare i vecchi che vacillavano, che tendvano le braccia alle chiese deserte, ai conventi trasformati in caserme, agli altari divenuti banchi di vendita o mangiatoie di scuderia, per la sovrana volontà di piccoli sindaci volterriani, persuasi di interpretare la libertà come Tiberio interpretava il potere imperiale Che cosa n’era dei morti, dei cari morti, sotto la terra? Che facevano essi, nei solchi in cui erano caduti, con la spada nel pugno e un raggio di fede su la fronte, mentre un glorioso fantasma di vittoria passava per i cieli radiosi, sfogliando lauri per i campi rosseggianti di sangue e una selva cli spade affilate si levava alto a salutare il sole? Che cosa n’era della speranza ch’essi avevano seminata, morendo, nello stesso solco di terra che li aveva raccolti, e che doveva fiorire dal tronco delle loro lame, benedette dal sacerdote di Cristo? Tutto era finito dunque? La vecchia Francia cristiana era stata abbattuta come un sol tempio, sotto un solo piccone? Questo si chiedevano, piegati sotto il soffio devastatore, gli esuli lontani. Fino a ieri. Oggi si sono risollevati*in piedi tutti. Qualche cosa risplendeva, laggiù, su la città del sogno cristiano, come un gran sole che toccasse, con l’estremo suo raggio, la bruna fronte merlata di Notre Dame, e la cupola d’oro degli Invalidi, e un nome era suonato con la voce di bronzo delle campane, con la voce d’argento delle trombe: Giovanna d’Arco. Fra la Francia dei morti, la Francia di ieri, la Francia credente e guerriera che li chiamava dall’esilio: era la loro Vergine, la piccola Vergine dalla spada nuda e dal bianco vessillo crocesignato, che aspettava laggiù, con la fronte cinta d’un’aureola di speranza. Ed essi si sono guardati, con un velo di lacrime nelle pupille: e i vecchi si sono stretti ai giovani, e si sono mossi tutti, sono partiti tutti....

Una parola nuova, la buona parola del conforto, l’eroica parola della speranza li accompagnava: ad essi che avevano sofferto, ad essi che avevano piegato il capo ad ogni umiliazione e ad ogni amarezza, ad essi che si erano sentiti stranieri nella terra loro, quella parola nuova diceva: — Tornate nella patria comune, alla comune preghiera! La Francia che vi scacciò non è la vostra. Si è potuto, è vero, proclamare il divorzio della Francia (( ufficiale» da Cristo. Ma l’altra Francia restava: la Francia cristiana alla quale tutti gli editti e tutte le leggi che l’ultimo decennio ha fatto germogliare su le rovine putrefatte dell’affaire, non pos- • sono, nè mai hanno potuto togliere, il diritto di credere e di aver fede. Lasciate che i piccoli uomini compiano le piccole cose. La storia è più grande degli uomini che vogliono rifarla. La fede è più potente dei governi. Io vi ridarò la Francia vostra: perdonata all’altra ed amate questa. Essa è ancora quella che conosceste voi, vecchi, e che aveva ancora un sogno di gloria su la fronte: essa è quella a cui voi, giovani, dovete domandare che sia degna del suo passato. Giovanna d’Arco è risorta. Per le terre rosse di sangue, sotto un cielo rosso di fiamme, nella rossa furia della guerra, essa è tornata tutta bianca, come una Vergine di sogno, sul suo cavallo bianco, col suo bianco vessillo nel pugno. E su quel vessillo, che vide le schiene nemiche volgere in fuga lungo i solchi in cui le essa dei morti fecondavano le messi venture, erano scritti due rioni: Cristo e la Patria! Scriveteli voi pure, questi nomi, nei vostri cuori, ora che ripigliate la via del ritorno nella terra in cui nasceste e in cui i vostri morti aspettano. E nel nome di lei, siano benedetti gli entusiasmo per cui quei morti caddero e per cui voi risorgete!

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Ah, che la politica è ben piccola cosa, e ben lontana oggi! La Francia «ufficiale», quella che ricopre le sue miserie sotto il grembiale verde delle logge, non sa e non può certo commuoversi, di fronte a manifestazioni che tocchino, oltre che la fede,, il patriottismo del popolo: essa che ha rinnegata la patria il giorno in cui l’ha venduta ai banchieri israeliti. Ma l’altra, la vera e grande Francia, la Francia cristiana, non ha mai distolto gli occhi dalla cupola che il genio di Michelangelo incurvò su l’orizzonte della città eterna. Essa bramava solo di sapere se veramente, come le dicevano,ogni traccia del passato fosse stata dispersa, se veramente sugli altari deserti non dovesse piegarsi, una volta per sempre, la bandiera di Gravelotte e di Saint Privat, morta come ogni altra cosa. Ed ecco tornare dall’esilio i profughi, e riprendere il loro vessillo, il vessillo di Giovanna d’Arco, e risollevarlo alto su le fronti dei loro fratelli. Oggi, è la fede,. non la politica che ha dato la sua risposta e il suo monito. Domani i solchi della Francia se lo ripeteranno, con la voce che parlava alla pastorella di Domremy, e i morti, sui quali pur passarono i talloni prussia