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culto degli Angeli. In un’altra Grotta, chiamata dei Santi, son dipinti insieme S. Michele, San Gabriele e S. Raffaello. V’è poi il ricordo di un principe longobardo, che nel 774 donava ad un monastero di benedettini nEcclesiam SS. Angeli et Mariae qua, Nsita est in Galo (bosco) nostro Materae et pascum ad pecualia)).Si vuole che l’antico sacello, con la Grotta, fosse adibito ad ovile. Il caso non è rane nè. unico. Quanti templi non furono alla fine popolati di rimali? L’arcivescovo Brancaccio, in una sua visita diocesana, nel 1577, cosi descrive l’Abbazia di San Vito, pres., Taranto: ninvenit culti apertam, desertarn, nudam, ab animalibus habitatam.» E’ opinione diffusa nel paese — o è leggenda? — che nella Grota vi fu già una chiesetta cristiana distrutta da un re Barbarossa, dopo avervi seppellita una sua figliuola, celandovi insieme un gran tesoro, meta sino a poco tempo addiero, di avidi cercatori. Quale appare oggi, l’ingresso principale della Grotta è un antro immenso, semibuio, di cui l’occhio non scorge che la sola vasta conca-nerazione anteriore. La vòlta e la regione superiore delle pareti è formata da un grosso strato di sabbioni pliocenici (tufo), ai quali segue un breve strato di conglomerato calcareo. Nella parte inferiore delle pareti vi è il solito calcare compatto ch’è la roccia costitutiva delle Murje dei fianchi della gravina. Oltre due vie palesi di accesso, vi era un’altra segreta, per la quale le tre grotta di questo gruppo comunicavano fra di loro. Le armi e gli arnesi litici, che non è possibile descrivere minutamente, sono numerosissimi e si rinvennero a poca profondità — da dieci a.trenta centimetri — sotto il piano accidentato della Grotta. Soltanto nei punti dove lo stillicidio della volta rocciosa è permanente, eran coperti da un leggero strato stalagmitici. Oltre gli arnesi litici, furon scoperti in grande copia, oggetti di osso lavorato. In questa industria, come nell’arte del vasaio, gli abitatori della Grotta dimostrarono una notevole perizia. Il prof. Cosimo de’ Giorgi ha studiato la natura geologica della Grotta, e il prof. Giustiniano Nicolucci ha classificato le ossa rinvenute. La grotta funeraria e i tesori... Ecco come si scoperse la Grotta Funeraria. In una delle ansiose esplorazioni attorno la Grotta dei Pipistrelli, e propriamente nella parte più bassa, e più prossima all’orlo del burrone; a dodici metri dalla spianata, fu notato un piccolo foro. Ciò attrasse la curiosità del Ridola, il quale, a titolo di esperimento, vi gettò dei sassolini. Il vuoto interno fu così presto scoperto. Si sà bene che nei «dolurms» e in certe grotte mortuarie fu antico costume e rito lasciarvi simili aperture. Il sospetto, quindi, che dietro quel foro vi fosse stato un luogo di sepoltura, per gli abitanti della grotta sovrastante, non fu immaginario. Dapprima, l’escavazione, fatta dai soli operai — stante una malattia del Ridola — ebbe

l’intento di ricercare dei tesori nascosti. Con l’intervento del Ridola riebbe i suoi scopi scientifici. Non è stato possibile riconoscere alcuna traccia di antico sentiero che conducesse alla Grotta Funeraria. La sua apertura è rivolta ad oriente. L’ingresso è tre volte più alto che largo: termina a sesto acutò e dista poco dall’orlo della gravina. Più che una vera grotta, si direbbe che un lungo crepaccio nella roccia fosse stato adottato a uso di sepolcro. Questo non, può ascriversi, ad alcun tipo determinato, ma parrebbe formato da un lungo «dromos» o corridoio coperto, il cui piano, con leggero pendio, metteva capo a una specie di pozzetto nella cui parete di fronte una grande lastra di pietra chi4ideva l’accesso ad una grottitella irregolarmente clissoidale, che dovette certamente costituire il sepolcro primitivo. Anche in questa Grotta, è numerosa la ’quantità degli oggetti: vasi, pendagli, dischi, pietre, arnesi di ossa, frammenti di ceramica, utensili di pietra, coltelli, seghe, punte di giavellotto Le anguste dimensioni di essa e la mancanza di cenere, carboni e ossa spaccate e bruciate, escludono l’idea che fosse servita ad abitazione o come sede di banchetti funebri;, Parrebbe che fosse stata adibita in due periodi successivi can rito diverso. I primi morti furon certamente deposti nella cripta chiusa nel fondo. Gli altri, più tardi, nel corridoio, in più strati sovrapposti. Si può dedurre_ che i banchetti funèrari avessero luogo nella grotta dei pipistrelli. Avvalora questa affermazione il fatto singolare che due vasi poterono ricostruirsi con frammenti raccolti nella Grotta dei Pipistrelli e nella Grotta Funeraria. La cura di deporre presso i loro morti coltellini, seghe e lisciatoi, indica una gente industre, la quale in epoca di benessere era intenta a procurarsi con le proprie mani il sostentamento. Il rito di deporre gli avanzi umani in uno strato di polvere sottilissima è più volte evidente. Anche da altre fonti si dimostra che nell’epoche preistoriche era costume di coprire i morti e la loro suppellettile con uno strato di terra assai fine. Nella ((Grotta Funeraria» essa aveva color bigio, altrove la polvere è bianca e aderente alle ossa ed ai vasi. In altri paesi è anche rossa, ma sempre sottilissima. L’estremo saluto «sit tibi terra revis» risale certamente a usi tradizionali di epoche lontanissime. Quattro gruppi di ceramica Un prodotto meraviglioso di questo suolo è la ceramica abbondantissima. Essa è un testimonio sicuro — come diinostrò Angelo Mosso, cosi immaturamente rapito alla scienza e alla famiglia — per ricostruire luoghi ed epoche remoti. I quattro gruppi fondamentali di ceramica, secondo la giusta ripartizione del Ridola, in quattro gruppi (il Peet la suddivise in sette gruppi), hanno ciascuno una fisionomia propria. Il primo gruppo è il più antico ed il più persi