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to, poi, è suo dovere l’allattamento dei bambini e la loro sorveglianza. A lei spetta, pure la spartizione della caccia alla famiglia. Quanto a diritti, non ne posseggono nè il pater familias nè la mater familias, poichè non sentono che assai raramente la superiorità reciproca. I vecchi sono considerati generalmente, come i consiglieri della tribù; fino all’appresarsi• della morte godono tutto il rispetto, solo quando si avvicinano gli ultimi momenti essi sono lasciati in un completo abbandono. L’eschimese ama molto i fanciulli. La libertà dei loro figli è illimitata quanto è possibile: non vengono puniti, anzi neppur mai sgridati. I bambini sono allattati generalmente, sino ai dieci anni; e l’Amudsen racconta d’aver veduto un fanciullo di quell’età smettere di fumare la pipa per riattaccarsi al seno materno. In parecchie tribù i fanciulli, sin dalla loro nascita, sono destinati alla tale o tal’altra fanciulla, e, quindi, essi vanno a nozze conocsendosi fin dalla più tenera infanzia. In altre tribù invece, è il giovinotto che cerca la sua sposa e le ragazze non debbono mai far sapere di avere un fidanzato e meno ancora di amarlo; sicchè quando è giunto il momento convenzionale di rapirla, ella deve difendersi, piangere ed urlare. Il matrimonio si compie, generalmente, a diciasette anni per l’uomo e quindici anni per la donna. Presso gli eschimesi dello Smith Sound vi è il matrimonio di prova: se un giovane e una fanciulla non sono l’uno all’altra adatti, l’uno e l’altra provano una nuova combinazione matrimoniale e spesso provano e riprovano parecchie volte, fino a che trovano la persona con cui andranno d’accordo. Se due uomini vogliono sposare la stessa donna, risolvono la questione con una prova di forza, lottando insieme finchè l’uno abbia atterrato l’altro e pestandosi pugni reciprocamente sul braccio sinistro finchè il meno resistente ceda. I rivali restano amici. La sposa non riceve altro corredo che un abito nuovo da donna maritata, un coltello ed una lampada. Quando una donna osserva che suo marito non le rivolge la parola, piglia le sue vesti e ritorna dai genitori (Winckler); in altri casi è l’uomo che, stancandosi della moglie, le dice semplicemente che nella, igloo no•n vi è più posto per lei, ed allora essa torna dai genitori se vivono ancora o da un fratello o da una sorella e manda a dire all’uomo della tribù che preferisce, che è libera e pronta a ricominciare la vita coniugale: In questi casi di divOrzio primitivo, il marito si tiene quanti figli desidera; se non ne vuole alcuno, la donna li conduce seco. L’enorme dispersione del popolo eschimese si oppone a qualsiasi costituzione di un potere organizzato. Non vi sono capi tra di essi, nessuno è investito di alcuna autorità, tranne, in certo senso, il sacerdote, e l’indovino. Non esiste il diritto di proprietà, salvo per gli oggetti personali. E’ veramente singolare il comunismo eschimese; non v’è alcuna differenza sociale dipendente dal sesso o dall’età, e la concordia, sì nelle famiglia che nei villaggi, tipica. Il bottino di caccia è in comune; ed in tempo di carestia i bimbi e le vedove senza figli sono i primi ad esser nutriti se qualcosa di cibaria è a loro portata. Mangiano tutti insieme •della medesima carne

finchè ne resta; la pelle, invece, come certe altre parti del corpo, sono, senza discussioni, riconosciute di spettanza a colui che ha ucciso l’animale. Non conoscono alcuna forma per tutelare la modesta supellettile loro: le tane invernali non hanno alcun oggetto che ne chiuda l’ingresso, l’onestà loro è proverbiale; sicuri di trovare ogni cosa al ritorno dopo le più o meno lunghe gite estive, possono ben lasciare tutto su di un’isola senza timore che venga rubato. Già si è detto che gli eschimesi ignorano il sentimento della vendetta. Ad ogni modo, allorchè un eschimese ha ucciso un altro, è difficile trarne vendetta, poichè il colpevole veglia quando gli altri dormono e dorme quando gli altri vegliano.... L’eschimese poi, che si reputa ingiuriato, compone una poesia satirica in cui rimprovera all’avversario la sua ingiustizia e fa imparare questa poesia a memoria a tutti i suoi parenti e famigliari. Quindi avverte l’intero villaggio che egli intende cantare contro l’avversario. L’avversario gli risponde nello stesso modo e la tenzone poetica dura, così, finchè una delle parti si stanca di rispondere. Gli avversari tornano amici. Tali usanze, assai caratteristiche, erano da molti ignorate, non ostante la letteratura sugli eschimesi fosse ricchissima, come ci provano le continue citazioni e la ricca bibliografia che il Faustini espone nel suo libro, ch’è il primo apparso in Italia sull’interessante argomento e che è scritto in una forma discreta, atta a renderlo piacevole a qualunque lettore. ARTURO LANCZLLOTTI.

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Il dramma sacro nel teatro odierno I "Misteri della Messa„ del Calderon A Basilea, la domenica in «Albis», il Circolo giovanile della parrocchia cattolica di Santa Maria (che conta circa 12,000 fedeli e sotto la direzione del sacerdote Weber coadiuvato da quattro vicari è divenuta un focolare ardente di vita e d’azione) ha portato sulle scene, in onore dei fanciulli della prima comunione, il grandioso «Auto» del Calderon. «I Misteri della Messa». E’ la prima comparsa pubblica, in Isvizzera, dell’opera del grande drammaturgo spagnuolo, che dopo duecentocinquanfanni si afferma piena di tanta evidenza e sana modernità da immediatamente conquistare le folle. La folla basilese ne fu talmente presa che a voce di popolo ne domafidò la ripetizione la quale ha avuto luogo domenica scorsa, nel grandioso salone del «Borromaum»; ma «I Misteri della Messa» che aprirono il memorando Congresso eucaristico internazionale di Vienna, hanno già percorso trionfalmente varie città della Germania: Colonia, Dusseldorf, Treviri, Saarbriicken, Wiirzburg. Ratibor e Beuthen, grazie l’iniziativa e l’opera della Società di Calderon (a Calderonis Gesellschaft»), costituitasi fra i cattolici tedeschi allo scopo di riconquistare ai drammi sacri ed anche ai drammi profani del maggior ge