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Guai a no però se vera, ’a cristiana, noi avessimo a pretestare carro Ide:- T colla pigrizia e con ragioni inferiori. Non disprezza inutilmente l’invito al... grande convitto del buon padre. Il buon Dio -- tiene il grande banchetto. Fa gli inviti agli uomini perchè si assicurino il piacere Iella verità, della virtù. Così si disse all’uomo di desiderare le cose superiori, i voleri eterni dello spirito, la grande realtà, lo realtà assoluta come rilevasi da Gesù, che impose all’uomo di essere perfetto come Dio che è nei Cieli: (perfezione che non può tentarsi se non nel campo dello spirito!). Ed allora? Forse costerà sacrificio, lotta, dolore, abnegazione il lasciare la villa, gli affari, il piacere.... Debbono essere queste le ragioni che, come un dì, oggi ancora, dopo secoli e secoli di luce ed esempio, ci trattengono dal darci ed assiderci a questo santo, solo, vero degno banchetto dell’uomo? Debbono essere queste le ragioni che ci facciano preferire le ghiande ai cibi del cielo, ai piaceri e purissime gioie dello spirito?... Sono queste le grandi ragioni per cui ci lasciamo impressionare dal fatto che.... i più, i migliori, gli scelti (in senso mondano) rifiutano coi miseri pretesti di cui sopra?... Sono queste le ragioni per cui ci scandolezziamo di dover dividere il nostro cibo eletto coi ciechi, cogli storpi, con quei miserabili, che Dio chiama coll’ordine..!. compelle intrare?! Cessava forse d’essere quel banchetto un vero no- a> bile banchetto solo perchè intervennero dei poveri?.. Cessa il Vangelo d’essere Vangelo e verità,4solo perchè al Vangelo ed al suo credo, alla sua morale credono le folle e le piazze, e non si inchinano i cosidetti superuomini?... Doveva rientrare quel banchetto solo perchè non intervennero i primi invitati?

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Ed invece, amici e cortesi lettori miei, quale altissimo significato e valore sociale non ha per noi cristiani, per noi uomini questo convito!... Qui non dico del banchetto della verità e della virtù: qui più specialmente parlo di quel sacramento, in cui culmina e finisce la vita individuale e collettiva cristiana. Parlo di Cristo - eucaristia, che a noi si distribuisce sotto forma di pane e vino. Molti sono, ai quali questo pane divino infastidisce, ed a chi li invita, ripetono — da secoli le solite eterne noiose ragioni — gli affari, il piacere, il disdegno delle folle. Ma non a noi, che sappiamo questo banchetto d’amore chiamato agape: chia 4

marsi col nome, che usa il papà che adduce intorno a sè i figli dispersi, loro dà un solo pane, loro dice una sola parola, loro dà un solo affetto, li stringe in unico abbraccio figli e fratelli! tutti uguali, senza pretese, senza distinzione.... Che cosa sarebbe della vita e della società umana se il Sacramento eucaristico in mezzo ai credenti avesse a dare la pienezza della sua virtù e del suo fecondo significato’? Figli?... Ma dove è la santità e la frequenza del rito? Fratelli?... Ma quando portiamo noi alla comu 221

nione quest’anima intensamente fraterna?... quest’anima che soffra dell’odio che vive, che soffre pei fratelli lontani, che soffra per gli esposti ai pericoli delta vita morale, che soffra per quella moilktudine di»tristi, violenti, perversi, e sopratutto d’infelici, che non sono a questo banchetto, e che pensano agli altri odiando nei forutnati o gli avversi o gli indifferenti!.. Campelle in trare!

B. R. -4. Domenica 7" dopo Pentecoste Testo del Vangelo. Uscendo il Signore Gesù co’ suoi Discepoli da Gerico, andò dietro a lui una grzn turba di popolo. Quand’ecco che due ciechi, i quali stavano a,sedere lungo la strada avendo udito dire che passava Gesù, alzaron la voce. dicendo:. Signore figliuolo di Davide, abbi pietà di noi. Ma popolo li sgridava perchè tacessero. Eglino però gridavano più forte, dicendo: Signore, figliuol di Davide, abbi pietà di noi. E Gesù soffermossi, e li chiamò e disse loro,: Che volete che io vi faccia? Signore, risposero essi, che si aprano gli occhi nostri. E Gesù, mosso a compassione di essi, toccò i loro occhi: e suinv.itati, assaggerà la mia cena. (S. MATTEO, Cap.

Pensieri. Una prima quistione: se la cecità materiale sia una vera disgrazia. Sembra, anzi è una disgrazia. Così è quando’ vediamo i due ciechi del Vangelo allontanati dal consorzio umano. Veramente l’allontanamento, per legge, era riservato ai soli lebbrosi: i ciechi, vedendosi nella loro disgrazia schivati dai loro fratelli, avevano preferito una volontaria separazione, che almeno risparmiava loro le umiliazioni, le irrisioni, le indelicatezze della folla. Ma -- innanzi al fatto evangelico — dei ciechi e della folla che seguiva Gesù ( erano del corteo, gli entusiasti di lui ), chi fu più disgraziato od infelice nell’ultimo risultato? La cecità strappò ai ciccia. il grido di dolore, che loro valse col miracolo la guarigione: la folla, che attorniava Gesù per la novità, la curiosità, la leggerezza, la folla rimasta tale e quale, muta ed indifferente al’a parole sante del Maestro, ne faccio ingiuria pensar,. che, gli applausi d’allora poco dopo non siansi mutati nelle urla e nel cricifiige del Golgota. Cose umane! La disgrazia della cecità li fece due privilegiati della misericordia divina, anzi, li fece due ardenti seguaci: la fortuna della vista materiale tolse alla folla — leggera, vana, curiosa — modo e maniera di legarsi a Gesù di intenderne il valore e la potenza. Le disgrazie, gli infortuni, i rovesci, le croci, in senso cristiano, sono sempre, dovunque, per tutti un vero male se non quando noi non le coordiniamo col