Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 26 - 27 giugno 1914.pdf/4

tato, si intravvedono ancora fondamenta di opere grandiose, costruite con macigno che ha saputo resistere per secoli all’azione devastatrice degli uomini e della natura.

L’opera degli italiani

Marsa Susa non avrebbe certo assistito ad uno sbarco dei nostri soldati se la necessaria avanzata nell’interno su Zauvia Bedia e Slonta non avesse portato di conseguenza la necessità di un posto (di rifornimento, lungo la costa alla più breve distanza possibile. Cosi numerosi’ reparti delle nostre truppe hanno posto il loro quartiere fra i ruderi di Apollonia; vivificandoli con la loro attività e con la loro energia. Il saldato italiano n Libia non è soltanto un combattente: è un lavoratore tenace che innalza case, apre strade, adopera indifferentemente il fucile come il piccone. In un maggio ridente non lontano — l’anno non è ancora compiuto -- i nostri soldati si sono trovati come sperduti fra mezzo a delle rovine e con dinanzi la parete collinosa grigia, insidiosa, non solcata neppure da capaci sentieri. Al di là vi era Cirene: bisognava andare avanti contro gli ostacoli del terreno e degli uomini. Essi si sono gettati innanzi e hanno vinto: quasi contemporaneamente cominciava l’opera apportatrice di una civiltà nuova. Le baracche vennero disposte in modo da formare spaziose e simmetriche vie; qualche casupola araba fu aggiustata alla meglio e qualche modesta casetta venne innalzata; un candido e bell’ospedale in muratura sorse in breve tempo; una abbondante illuminazione che non poche città italiane invidierebbero, fa provare il rammarico che non possa essere goduta da •una circolazione notturna un po’ più intensa: perfino qualche grazioso giar dinetto fa bella mostra di sè a fianco di non pochi baraccamenti. Trattorie, bar, negozi, un comodo albergo per ufficiali, stanno dimostrare la regolarità di vita ad Apollonia, fattasi sicura soltanto dopo l’arrivo degli italiani. Mi raccontava infatti un greco qui domiciliato da lungo tempo, che sotto la dominazione turca succedevano frequenti grassazioni, permesse dalle autorità compiacenti, che riscuotevano poi grosse taglie. Per quanto Apollonia non abbia più alcun’altra importanza che quella militare, i soldati italiani hanno saputo con la loro opera feconda e continua darle una parvenza di vita commerciale, di cui approfittano greci avventurosi, arabi sottomessi e sopratutto italiani intraprendenti, nell’animo dei quali deve_ancora albergare lo spirito degli antichi colonizzatori, di cui fu cosi prodiga la nostra razza.

Sulla strada di Cirene Ma il segno più bello, più significativo che l’esercito italiano ha lasciato impresso nel territorio di Apóllonia a comprovare la sua attività — intesa a riscattare tutta una regione da secoli e secoli di barbarie — non è tanto ciò che ha saputo fare nella costa quanto la costruzione di un’ampia strada carrozzabile che da Apollonia giunge fino a Cirene e di ’là si prolunga fino a Zauvia Fedia e Slonta. Già dal piroscafo avevo osservato con attenzione quella striscia bianca che si snodava lentamente lungo il

verde dei cespugli ed il rosso cupo dele roccie e avevo provato il primo senso,di commozione. Gli italiani non de vono •dimenticare che il primo elemento di civiltà da apportare alle abbandonate terre africane è sopratutto procurar loro numerosi e comodi mezzi di comunicazioni, come ferrovie e strade carrozzabili. Nella Cirenaica non ancora pacificata, il nostro.esercito ha compresa la missione ch&gli è stata affidata: alpini, fanteria, genio, nella loro avanzata su Cirene non si sono preoccupati soltanto di •picconi e di mine, hanno tracciato nel terreno infido la via nuova, che avrebbero poi battuto col piede sicuro lel conquistatore. La stagione faticosa — i lavori furono inco minciati in giugno — gli ostacoli della natura — in più punti si è dovuto tagliare.la strada nella viva roccia — il pericolo di fucilate traditrici — ancor oggi non del tutto scomparso — nonchè impedire, non hanno neppure arrestato per un istante l’opera a cui hanno preso parte tutte le armi che erano state destinate all’avanzata su Zuvia Fedia e Slonta. Fortunatamente se la costruzione della parte di strada che sale lungo la collina fu quanto mai aspra e resa più (difficile da malfidi burroni, in seguito sull’altipiano la Via pianeggiante permise un più sicuro e rapido lavoro. Percorrendo quell’altipiano ho avuto la conferma di quel che già hanno scritto tutti coloro che hanno avuto l’occasione di visitarlo, la conferma cioè della sua fertilità, nonostante che sia in massima parte rimasto incolto da secoli e secoli. Il terreno è particolarmente favorevole ai prati; infatti l’acqua vi si trova in abbondanza e per sei o sette mesi all’anno vi sono assicurate frequenti pioggie: rammento ad esempio un magnifico prato dal colore dello smeraldo che si stende per numerosi ettari ai piedi di Cirene e che nessuno si preoccuperà certo di tagliare regolarmente per ricavarne l’abbondante foraggio. Un’altra attrattiva dell’altipiano cirenaico è l’abbondante cacciagione che ivi si trova: quaglie, allodole e colombi volano a stormi, in numero tale da formare la delizia di tutti quei nembrotti che in Italia si lamentano sempre della scarsità della preda. Si può esser certi che la civiltà non sarà troppo benigna per quei piumati abitatori del cielo: fra non molto essi cercheranno invano nella regione africana il sicuro loro rifugio. Ma ecco che delle tombe scoperchiate mi distolgono da queste riflessioni cinegetiche. Cirene non è lontana: le tombe su cui appare il segno recente della mano dell’uomo sono già state minuziosamente visitate dalla spedizione archeologica inglese ’del 1861 e da quella americana del 1868 che ne asportarono le rarità più significative. Più innanzi il tumulto di un membro della spedizione americana ucciso da una palla beduina resta a provare il contributo di sangue, che i pionieri sella civiltà bianca hanno dovuto pagare in ogni tempo e in ogni luogo sul continente nero.

[l’impronta che non si cancella Cirene non è più una città; non è n’eppure un villaggio; è un salo cumulo imponente di rovine. Il viaggiatore, che sale la collinetta su cui si trova l’antica capitale della Cirenaica non può che restare attonito quando anche non sia fornito dalla minima passione archeolo gi

Ca

C v fr st

ir

p

c

a

F e