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sottomarine, producono, a contatto con le materie in fusione sottostanti aí vulcani, una sovrabbondanza di vapore e proprio ciò che fa proiettare al di fuori dell’orifizio craterico, i magma lavici, mescolati a vapore acqueo ed a gass; si compie la scena con un rovescio di ceneri che talvolta, è la parte più. formidabile del fenomeno. come appunto avvenne nell’eruzione di Pompei dell’anno 79. Così; almeno possiamo credere, avvenga per i terremoti. La spiegazione sembra giusta, e fino ad un certo punto può andare; ma l’acqua può ’provenire anche dalla parte superiore di un vulcano. Nella voragine craterica del monte Pelèe, nell’isola della Martinica, in seguito a speciali condizioni, si era formato una specie di lago, che veniva chiamato lago delle Palmiste. La pressione del liquido sovrastante, a contatto delle materie incandescenti, contenute nel meato eruttivo, potè benissimo apportare una dislogazione sismica ed essere stata la causa del terribile disastro del maggio 1902, in cui, in men di pochi minuti, trovaron la morte ben trentamila persone. Che l’acqua sia la causa vera di un’eruzione e di un terremoto lo dimostrano i 323 vulcani attivi, i quali sono quasi tutti situati o nelle isole o nelle vicinanze del mare: e questa prossimità è dimostrata dall’abbondante vapore acqueo che si sprigiona dai meati eruttivi e dalla grande quantità di cloruro di sodio, di cui sono tappezzate ’le loro pareti. Ma intorno alla causa prima delle eruzioni, e, diciamo, anche intorno a quella che produce il terremoto, altre ipotesi possiamo citare: per esempio, la teorica di sprofondamenti sotterranei che dànno origine all’efflusso lavico contenuto nelle cavità endogene e che determinano i terremoti. Ma anche con queste ipotesi di sprofondamento, anche con accurati studi della tettonica, noi stiamo sempre lì: a non sapere cioè quale sia la causa efficiente che dà origine a questi potenti fenomeni della natura. Lo sprofondamento può essere causa di un terremoto: può essere causa di un’eruzione, ma non potrà.mai essere causa prima di fenomeni sismici e vulcanici; e, solamente, possiamo dire esser causa occasionale che dia origine ad un qualsiasi fenomeno tellurico. Lo studio de’ vulcani e de’ terremoti oggidì procede con investigazione davvero scientifiche: i mezzi, di cui dispongono la chimica, la fisica e la geologia, permettono allo studioso indagini profonde; tutto ciò è vero; ma è pur vera la grande ignoranza che, pur dobbiamo confessare, regni ancora fra noi, sulla causa prima de’ vulcani e de’ terremoti. GIACOMO TASCONE.


Religione

Domenica 2’ dopo Pentecoste Testo del Vangelo.

Essendo Gesù a mensa nella casa di Levi, ecco che, venutivi molti pubblicani e peccatori, si misero a tavola

con Lui e coi suoi cEscepoli. Ed i Farisei, vedendo ciò, dicevano ai discepoli di Lui: Perchè mai il vostro Maestro mangia coi pubblicani e coi peccatori? Ma Gesù ciò udendo, disse loro: Non è ai sani che il med.co faccia di bisogno, ma agli ammalati! Ma andate e imparate ciò che vuol dire: Io amo meglio la misericordia che il sacrificio; imperocchè io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. Allora si accostarono a Lui i discepoli di Giovanni dicendo: Per qual motivo noi ed i farisei digiuniamo, frequentemente,.ed i tuoi discepoli non digiunano? E Gesù disse loro: Possono forse i compagni dello sposo essere in lutto, fintantochè lo sposo è con essi? Ma verranno i giorni, che sarà loro tolto Io sposo, e allora digiuneranno. (S. MATTEO, Cap. go.

Spiegazione. Il fatto, accennato dal Vangelo, avvenne nella città di afarnao, che era come un centro di commercio, nella Galilea e nella quale risiedevano parecchi gabellieri o pubblicani, incaricati di riscuotere i tributi. Presso i Giudei il nome e la professione di Pubblicano o di gabelliere erano detestati, più che in qualsiasi altro paese del mondo. Si avevano in conto di gente senza coscienza, senza cuore, ed erano equiparati ai Gentili, come scrive S. Matteo: «Sia per te come un Gentile e un Pubblicano» (Cap. 18). Ora, tra costoro, era un certo Levi o Matteo, figliuolo di Alfeo, al quale si volse Gesù, maestro amorosissimo di pietà e di misericordia. Lo vide Egli un dì al banco della gabella, e fissatolo con uno sguardo pieno d’amore, gli disse: «Seguimi». E quello sguardo, quell’amore, quella parola furono onnipossenti; poichè Lebi lasciata ogni cosa, seguì Gesù e divenne suo fedelissimo Apostolo. Matteo (o Levi) volle celebrare con un gran banchetto il miracolo della sua conversione, ed al banchetto convitò Cristo, intanto che v’erano molti gabellieri e peccatori di poca fama. Malgrado ciò il buon Gesù vi si condusso co’ suoi discepoli, volendo con questo, non solo dare un gran segno d’infinita benignità, ma eziandio prendere occasione di porgere nuovi e salutari ammaestramenti. Il convito •infatti riuscì non una festa allegra e spensierata come si sarebbe potuto pensare, ma una scuola di consolanti verità, alle quali indarno cercarono di far contrasto i superbi e ipocriti Farisei.

Riflessi. E’ noto il proverbio: Buono come un forte. Infatti chi è veramente forte, non ha altro modo di mostrare la propria fortezza verso chi è debole, se non col mostrarsi buono, cioè compassionevole, tollerante, misericordioso e pronto al perdono. C’è valoré nello stritolare chi è più debole di noi, anche quando una ragione plausibile milita in nostro favore?... Potrà essere giusta punizione, ragionevole severità; non mai segno di fortezza. E Iddio, che è fortissimo, come mostrerà la sua bontà verso le sue creature, che sono debolissiiite?.... Appunto col mostrarsi paziente, tollerante misericordioso; coll’esinanirsi, riducendosi come il più debole degli uomini, perdonando sempre, ogni qualvolta una sua creatura riconosce d’aver