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dovuti alla indifferenza del potere centrale e all’inerzia dei liberi cittadini. La Sicilia è una regione in cui la distribuzione della ricchezza è quanto di più inadatto si possa immaginare al benessere e al progresso di un popolo. L’accentramento della proprietà fondiaria in poche mani fa sì che il proprietario poco o punto si curi della sua terra fidandosi ciecamente del gabellotto, il quale paga regolarmente ciò che deve per lo sfruttamento della terra non sua al latifondista ignaro e gaudente, che non sa nulla e non vuol saper nulla di innovazioni o migliorie suggerite dalla scienza agraria. E vicino ai pochi latifondisti straricchi vive un’immensa turba di lavoratori, in massima parte analfabeti, abituati ad un lavoro lungo e pesante, privi del necessario, malnutriti e predisposti alla delinquenza. L’emigrazione ha dato — è vero — qualche aiuto non indifferente a questa grande miseria. Ma se si pensa quanti sacrifici, quali bassezze sono costati alle migliaia di braccia che oltre mare compiono le fatiche più umili, si resta in uno stato di perplessità, e non si sa se dolersi o godere dell’impulso che getta su altre terre energie fresche sottratte alla nostra produzione. Che cosa ha saputo fare il governo per ovviare a inconvenienti così gravi e per curare almeno quelle piaghe che apparivano più profonde e minacciose? Poco o nulla in verità. Il servizio di polizia che avrebbe in qualche modo potuto supplire alle miserevoli condizioni di viabilità, si è rivelato sempre insufficiente; e quei provvedimenti che avrebbero dovuto, per via di bonifiche e di lavori idraulici, sollevare le tristi condizioni in cui giaceva e giace l’agricoltura, vennero meno quando più erano urgenti e indispensabili. E mentre, come risulta da statistiche ufficiali, si erano spesi nel Regno, per sistemazioni di torrenti, bonifiche e simili, sino al 1884 ben quaranta milioni, alla Sicilia non si erano assegnate che ventisettemila lire; e mentre dal 1. luglio 1886 al 30 giugno 1910 si erano spesi per l’Italia quasi centottantacinque milioni, per la Sicilia se n’erano assegnati soltanto cinque e mezzo. Ma i rappresentanti dell’isola che fanno? Ma i non pochi collegi delle sette provincie hanno qualcuno che curi, in certo modo, gli interessi della regione? La risposta a queste domande è molto triste. Questi signori — almeno in maggioranza — non si sono mai accorti od hanno agito come non si fossero mai accorti delle miserie e delle ingiustizie che colpivano la loro terra di origine. Essi hanno continuato tranquillamente a ingrossare le milizie del governo, senza curarsi d’altro.

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Epperò, malgrado l’incuria dei governi della Terza Italia e ad onta della indifferenza dei parlamentari siciliani, un certo progresso relativo si è potuto notare nell’isola da alcuni anni a questa parte. L’emigrazione è stata, malgrado i suoi inconvenienti, un rimedio provvidenziale alle grandi miserie dei lavoratori della terra e il cooperativismo agrario, per quante imperfezioni abbia potuto rivelare, nen poco è giovato alle classi non abbienti o quasi non abbienti. L’emigrazione transoceanica tende oggi ad aumentare sensibilmente. Il lavoratore siciliano è di una resistenza e di una parsimonia eccezio nale. Esso si assoggetta per amor di risparmio, a priva’ zioni ed a sacrifici incredibili. Non ha che uno scopo affrettarsi a costituire un gruzzoletto, che gli permetti di tornare in patria e di investire proficuamente il frott9,, dei propri sudori. E molti umili braccianti hanno da" vero raggiunto il loro scopo. Se non che questo rarefars1 della mano d’opera con conseguente aumentarsi dei sa" lari è stato dannosissimo per i piccoli proprietari costret’ti a vendere e a pietire una qualsiasi occupazione nella amministrazioni locali o centrali. Ma l’aumento del danaro, non sempre è aumenti di sanità e moralità. Il tracoma, la tubercolosi e alar’malattie contagiose aumentano notevolmente in misuri che la emigrazione transoceanica aumenta e s’intensi’ fica: l’ordinamento famigliare, già saldo e compatto Piti che nelle altre regioni, comincia a rilassarsi e a disgfe garsi: la moralità singola e collettiva diminuisce sensi’ bilmente. Di guisa che è spontaneo, in chi osservi coti occhio imparziale e con qualche elevatezza, un sens° di perplessità nel decidere se, in complesso, così core` si è svolta, l’emigrazione abbia giovato o nuociuto al l’insieme dell’isola. Ma chiunque potrà far suo il des’derio e l’augurio del Bruccoleri: che il contadino trovi in patria la sua redenzione e che egli non offra altrui le sue virtù di lavoratore inestimabile. Importanza non piccola ha assunto in Sicilia, da po’ chi anni, il movimento cooperativo; il quale occupa, net’le statistiche pubblicate dalla Federazione nazionale del’le Casse rurali italiane, uno dei primi posti. Ma non sogna lasciarsi illudere dalle apparenze e non bisogni credere che tutto quanto ha l’aspetto di corporativismi sia rivolto esclusivamente al benessere dei consociati’ Esso è certo, nell’economia agraria sopratutto, un fit. tore reale di progresso; ma non sempre è riuscito a la berarsi dalle intrusioni e dalle deviazioni che il pregio’ dizio politico o la speculazione dei privati vi hanno provocato. Molto si è fatto, ma molto ancora resta a far’: E il corporativismo potrà davvero sognare un’èra nuov a per l’agricoltura siciliana se esso saprà mantenersi (1 quell’altezza di aspirazioni e di metodi cui i suoi tori l’avevano avviato. Le condizioni in cui oggi versa l’agricoltura siciliana sono davvero specialissime. Un suo primo ca°’ tere è la grande superficie dei terreni seminativi, citi fl riscontro la deficienza di prati e pascoli permanenti, ch piante legnose e di boschi, deficienza relativa s’intende Seminerio, viti, ulivi, agrumi, costituiscono le colture dominanti, di fronte ad altre svariatissime, come i ITIO. dorli, i noccioli, il sommano, il tabacco, i carrubbi• La lavorazione non è certo di quelle più progredite ed anzi, per lo più, presso che rudimentale. L’uso delle macchine costituisce una rarissima eccezione, quantutta que si vada rivelando sempre più necessario in misur che il prezzo della mano d’opera aumenta. E se alle de’ da ficienze della lavorazione aggiungeremo la mancanza umidità necessaria, che affligge in massima parte suolo dell’isola, potremo spiegarci facilmente come’ a mentre in essa la quantità della superficie coltivata super di gran lunga quella delle altre regioni, la percentual media del rendimento di ogni ettaro sia, per converso, inferiore.