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Stephaneschi ceni spesa di 2200 fiorini: le Figure che da’ lati in aria vi stanno, & il pescatore sono mano di Maroello Provenzale da Cento, (queste furono aggiunte in seguito quando l’opera, come vedremo, fu rifatta) et hora Urbano ottauo, regnante, di suo ordine in questo luuogo, come più degli altri convenevole, l’ha fatta riporre». Questo cardinale Stefaneschi, di Ceccano, era assai munifico, tanto che donò al Vaticano anche un prezioso codice miniato da Oderisio, e pagò, abbiamo detto, 2200 fiorini a Giotto. Ma tutto questo = che viene citato nelle ricerche quale prova della autenticità del Mosaico di Boville — evidentemente nulla dice in favore di esso. E’ il Tovrigio che, invece, (Sacre Grotte Vat. p. 161) nel descrivere l’antico atrio ci dà notizie più particolareggiate singolarmente utili alla esamina. «Più oltre e dipinta la Nauicella, di cui si disse di sopra con lettere «Nauicola in atrio». Staua già nel cortile detto il Paradiso, la quale Paolo V nel 1617, adì 24 d’Agosto trasferì nella muraglia, dove è hora la fontana sopra le scale, e fu finita di adornare nel 1618, e sotto vi si leggeva in marmo: «. Paulus V Pont. Max. Nauiculae Sacrum monumentum ex ruinìs Vett. Bas. seruatum posteit et ornauit anno saeutis 1618». E perchè stàdo esposta all’aria si andaua consumando, commandò N. S. Urbano VIII, che d’indi si trasferisse in chiesa: onde dì 14 Aprile ’629, si principiò leua:rla, e fu finita di porla in Chiesa: adì 20 Giugno con molta diligenza talchè non patì detrimento notabile. Dietro alla quale adì 3i d’Agosto si posero otto medaglie di bronzo, & adì 2 d’Ottobre otto altre le quali da una in Basilica Principis Apostolorum transtulit, e dall’altra quando ’ apre la Porta Santa di San Pietro: in altre vi è l’alto della Canonicatione di S. Andrea Corsìno, & alcune la fortificatione di Cartel S. Angelo, ha copia dipinta in essa nauicella già posta per prona nella Basilica Vaticana, sin consegua nella donatali da Nostro Signore, sotto la quale vi è: «Hutus picturae exemplar quod ante annos 320 Ci fotto Fiorentino celebri pietose ojere musiuo elaboratum est, Urbanus Pont. Max. ex aera Vaticana in Basilica P.rinc:pis Apostolorum transtuiii anno salutis 1627». Vi è anco in questa iscritione: «Frater Antonius Barberinus S. R. E. Presb. Cardinali. Sanctis lioncePbus Urbani VIII germanus frater, templum ImM acida’tae Vkg. Conceptae Czpucciriis Fratrilus Coenobium (l fundamentis erexit réeigiosi in deipram ossequis, beneftcae in suum ordinem charitatis monumentum anno salutis 1628. Capuccini Fraters grati anini ergo pos Vi si legge anche: Urbanus VITI Pontif. Max. Nolens Pontificiae charitatis magnificentiam capuccinae paupertatis limitibus coerceri aram maximam ornauit. Di detta nauicella se ne ha memoria in un antico m. s. in pergamena nell’archivio ’di S. Pietro con queste parole: «Obiyt sanctae memoriae Dom.

Jacobus Gaitani de Stephanescis S. Giorgi Diac. Cardinalis, Canonicus nostrae Basilicae multa bona contulit, ecc. in Paradiso eiusdem Basilicae de opere musaiico historiam qua Christus B. Petrum Apostolum in Fluctibus ambulante dextera, ne mergeretur erexit, per manus eiusdem singularissimi pictoris fieri fecit, pro suo opere duo milia et duocentos fiorenos persoluit». Le stesse e sole parole ultime citate dalla pergamena sonò però quelle dei Ciamp:,ni in «De Sacris Aedificis» a pag. 77, mentre a sua volta Carlo Fontana in a Tempium Vaticanum» (Romae 1694), osserva solo che a di riscontro (a un bassorilievo del Bernini esistente nell’ultimo portico) per ordine di Alessandro VII fu collocata la navicella d’. S. Pietro opera di mosaico fatta con disegno di Giotto Fiorentino». Vediamo, dunque, che queste citazioni portate a dimostrare la giustezza della attribuzione, se si dicano solo che il Giottà fu trasportato due volte, e che fu curato con molta diligentia, fanno insieme intendere, con quella medesima cicostanza, che esso fu pure ritoccato e restaurato: fatto che proveremo meglio in seguito perchè è da esso che potremo sa/ pere qualche cosa. Abbiamo sicure testimonianze in favore della restaurazione e del rifacimento del Musaico della Navicella. Anzi, sappiamo che il disegno di questo, t] conservato nella raccolta del conte di Pembroke e Chartworth, si può dire totalmente differente nella contposii,one della scena, dal mosaico ora esistente in S. Pietro. Infatti, quello che in origine era rettangolare, men- si tre oggi è emiciclico per la forma arcuata del tiniql pano ove fu posto nel portico, aveva le torri e molte altre scene ora perdute completamente; così che 5i at vede con tal fatto, che il Venturi ha notato, come CU venne eseguito da capo in una restaurazione che Poi in sostanza fu rifacitura. Ed è chiaro, poi il Bonanni quando scrive: a Hanc igitur Navim, Paulus Cp V, e diruta penitus quadriporticu, a Marcello Provenzali pictore reftc3 iussit». (Numismata Summe- da rum Pontificum Templi Vat: Fabbr.). te/ Il De Adisio pur notando come occorra una clu paziente esamina per definire la questione — per spie- ne; garsi un poco in qual modo l’Angelo fu tolto al eh, Mosaico della Navicella, si serve delle testimonianze ci() che provano la sua rifacitura, nella transposizione: nc), dicendo che, — dato il taglio degli angoli superiori dic Per l’adattamento, e dato che, da allora, ’la comPe" Siti sizione generale del mosaico venne rifatta,— l’angelo, forse posto a proteggere S. Pietro nella tenie dei pesta, fu escluso dalla Navicella sia per il cambia’ il, l mento di composizione e sia per l’asportazione dell’angolo. C Però, in tal modo, non viene considerato che in. vue, nessuna delle composizioni nelle tre navicelle di Chartworth e dei Cappuccini si vede l’angelo, nono sPie stante che, specialmente la prima, rifletta appunto la comoposizione originale di Giotto.