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340 IL BUON CUORE


qui e di dichiararlo — «altamente lo proclamo da questa tribuna — io credo, profondà..mente credo ad un mondo migliore». «. Esso è per me ben più reale di questa misera chimera che noi divoriamo e che chiamiamo vita, esso è sempre dinanzi a’ miei occhi; ci credo con tutte le potenze della mia convinzione, e, dopo tante lotte tanti studi e tante prove, esso è la suprema consolazione dell’anima mia! (Profonda sensazione). «Io voglio dunque,.voglio sinceramente, fermamente, ardentemente, l’insegnamento religioso della Chiesa, e non l’insegnamento religioso di un partito. Lo voglio sincero e non ipotetico. Io voglio che abbia per iscopo il cielo e non la terra»


Religione


Vangelo della domenica la dopo la Dedicazione

Testo del Vangelo.

In quel tempo, disse il Signore Gesù a’ suoi, discepoli: Il regno de’ cieli si assomiglia ad un re, il quale volle fare i conti co’ suoi servi, e avendo principiato a rivedere la ragione, gli fu presentato uno che gli andava debitore di diecimila talenti. E non avendo costui il modo di pagare, comandò il padrone che fosse venduto lui e sua moglie, e i figliuoli, e quanto aveva, e si saldasse il debito. Ma il servo prostratosegli a’ piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. Mosso il padrone a pietà di quel servo, lo lasciò in libertà e gli con-, donò il debito. Ma partito di lì il servo, trovò uno de’ suoi conservi, che gli doveva cento denari; e presolo per la gola, lo strozzava, dicendo: Pagami quello che devi. E il conservo, prostrato a’ suoi piedi, lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e io ti soddisferò intieraniente. Ma quegli non ’volle, e andò a farlo mettere in prigione, fino a tanto che l’avesse soddisfatto. Ma avendo gli altri conservi veduto tal fatto, grandemente se ne attristarono; e andarono, e riferirono al padrone tutto quello che era avvenuto. Allora il padrone lo chiamò a sè, e gli disse: Servo iniquo, io ti ho condonato tutto quel debito, perchè ti sei a me raccomandato. Non dovevi adunque anche tu aver pietà d’un tuo conservo, come io ho avuto pietà di te? E sdegnato il padrone, lo diede in mano de’ carnefici, per fino a tanto che avesse pagato tutto il debito. Nella stessa guisa farà con voi il mio Padre celeste, se ciascheduno di voi non perdonerà di cuore al proprio fratello. S. MATTEO, Cap. 18.

Pensieri. La cifra enorme, esposta da Gesù nel riferire il credito del Signore verso il servo, può indurre alcuno al dubbio. Invero, tradotto in lire sonanti, tale cre dito ha dell’inverosimile, nè ho mai potuto capire:1 perchè molti esegeti perdano il loro tempo prezioso in un calcolo inutile. Oh! anch’io credo impossibile — quaggiù — un tale credito fra uomini che vogliono garanzie ineccepibili e superiori ad ogni dubbio: meno poi possibile il fatto narrato dal Vangelo di aver concesso tale somma ad un... servo, ad un nulla tenente, come diremmo oggi. Un tale signore — almeno — si meriterebbe oggi il titolo di imprudente, mentecatto e peggio, quando non corra il rischio di aver invocata la legge per una provvida tutela. E fin qui nulla di male. Ma se ciò è impossibile quaggiù, (notatelo, egregi amici miei) la cosa si presenta fattibile non solo, ma vera, reale, superiore all’enunciato, quando le cose si svolgono tra il quaggiù ed il... lassù, fra Dio e le sue creature, fra il paradiso e la terra. Oh! qui davvero noi siamo i servi più che onerati e gravati di debiti di cui possiamo dichiarare subito, subito l’insolvibilità assoluta col nostro relativo... fallimento. Buon per noi, che il nostro creditore -- Dio — non è nelle sue relazioni e prestiti nè egoista, nè gretto, altrimenti ogni ora, ogni minuto a lui, che chiede il suo, solo il suo, a lui dovremmo gridare — ginocchioni e colle lagrime — «Abbi pazienza...» senza il coraggio o la sfrontatezza di soggiungere — come quel servo — il ti restituisco tutto. Come sarebbe possibile?!

Nè voglia il lettore cortese credere che quanti nel superiore stelloncino stà scritto sia l’effetto d’una frase fatta, di cui l’oratore sacro abusi. No! per amor di Dio! Vogliamo un bilancio, per modo di dire? Osserviamo. Doni di natura: creazione, conservazione, intelletto, volontà, cuore, istruzione, educazione, sanità, posizione economica a noi migliore di milioni e milioni... Perchè? eravamo più belli noi? più buoni? più degni? potevamo — non ancora esistenti — vantare alcun diritto?! No! dunque... Doni di grazia: la fede cristiana (molti ne fanno senza: lo so anch’io, come so che il selvaggio del deserto, il beduino sprezza la nostra civiltà, i nostri comodi, la nostra vita.., è una disgrazia, non un privilegio!) la grazia dei sacramenti, l’istruzione religiosa, la facilità a partecipare alle funzioni del culto, la poesia del culto, la grazia dell’ambiente buono, religioso, sano di mente, di cuore... Non sono crediti enormi da parte di Dio? debiti fortissimi da parte nostra? Non sono questi crediti, che ci danno diritto al paradiso -- somma, sola, completa felicità — mentre ciò è impossibile al resto dell’umanità? Cosa possiamo dare noi? Sì, qualcuno dà qualche acconto: sono fiori di santità e virtù nell’individuo, in qualche famiglia, in qualche comunità. Ma che è questo innanzi a quanto chiede Dio? Per noi — data la nostra debolezza, miseria — anche il poco è molto, ma... Oh! come è vera la parabola del signore così ge