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IL BUON CUORE 255


Occorrerebbe dilungarsi troppo per spiegare come mai numerosissimi nostri emigrati, anzi la grande maggioranza, non sono riusciti; basti accennare alle difficoltà della lingua, agli usi commerciali ed industriali completamente diversi dai nostri, alle difficoltà frapposte qui più che altrove alla piccola industria e ad una specie di ostracismo per le persone istruite del sud-est. Contribuiscono ad aumentare il disprezzo per gli italiani i giornali, i teatri,, i cinematografi dovè si rappresenta l’italiano sempre o quasi sempre sotto la luce più fosca e dal lato più sfavorevole. L’italiano è per l’americano l’ideale pei lavori più umilianti e mal retribuiti. Poco tempo fa presentavo un italiano, abile nella sua professione, di accordar piani, al direttore di una ditta d’istrumenti musicali. Questi non appena sentì che il mio raccomandato era Italian sbarrò gli occhi e pieno di stupore mi rispose: — Lei raccomanda un italiano, per questo genere di lavoro? — Sì, ribattei io, raccomando un italiano, per questo genere di lavoro perchè so che lo può far bene. — Ah noi non diamo questo lavoro ad italiani, soggiunse il mio interlocutore. Da un po’ di tempo le statistiche ufficiali fanno una distinzione poco onoravole a un popolo uno; accenno a quella fra gli italiani del nord e a quelli del sud, considerandoli due popoli completamente distinti. Gli americani però in generale sono soliti a vedere in ogni italiano un rappresentante della mano nera» la quale a mano nera» poi serve di etichetta per gli innumerevoli delitti di origine incerta, un po’ come il corto circuito per gli incendi inspiegabili. Essi forse dimenticano che dei tanti delitti attribuiti alla a mano nera», la giustizia non arrivò ad arrestare un. solo colpevole. Purtroppo la pessima condotta di alcuni italiani ricade sulla massa intera, e si spiega così perchè gli americani ed altri popoli sentano una specie di orrore per l’italiano. Ho fra i libretti di réclame di compagnie fondiarie uno per una colonia nel Texas. Uno dei principali motivi che secondo l’autore del libretto dovrebbe servire di attrazione dei lettori per andarsi a stabilire in quella colonia, si è che colà non si trovano nè cinesi, nè italiani, nè neri. Mi fu riferito che in una fabbrica della California, sopra un certo numero di ritirate vi era la scritta: Per bianchi, e sopra altro numero di ritirate la scritta: Per neri e italiani. Non parlo del ribasso nel prezzo che subiscono le case appena vengono abitate da italiani e di altri dati poco consolanti. Sono dispiacente di essermi lasciato trascinare in una simile digressione che tanto costa al nostro orgoglio d’italiani!’ ma d’altra parte è meglio che non ci illudiamo sopra la condizione che ha l’italiano in America. Non dimentichiamoci che i dollari mandati in Italia dall’America rappresentano non solo il sudore e il sangue dell’operaio italiano, ma anche un poco il prezzo dell’onore nazionale.

Ma che fanno dunque questi 100.000 italiani in Chicago? Cominciamo dai bambini. Direi che molti di questi appena venuti in questo mondo pare sì affrettino a passare all’altro, poichè la mortalità fra i bambini, data la noncuranza e ignoranza dei genitori, la mancanza di aria pura, e altre cause, è grande. Molti dei superstiti, dopo aver passato i primi anni dell’infanzia in case che agli americani fanno orrore, o nelle strade lasciate sporche per non farle stonare col paesaggio, vengono poi mandati a scuola perchè in America certe leggi vitali si trova il mezzo di farle osservare rigorosamente. La scuola che dovrebbe durare sino ai i6 anni riesce a produrre degli esseri che parlano speditamente l’inglese e che non sanno più esprimersi in dialetto natio, che si vergognano non tanto della povertà, come della sporcizia e dell’ignoranza dei loro parenti, e che non vanno proprio a cercare le occasioni di dichiararsi italiani. Per evitare questa perdita irreparabile tutte le altre nazionalità provvedano con scuole private a ndn lasciare estinguere nel buon cittadino americano che stanno formando, il ricordo della patria lontana a cui appartengono; e se d’una razza non è il puro presente che conta, ma la storia, della - nostra ì più fieri dovremmo essere noi. Si constata invece questo: a Chicago più di tao mila sono i ragazzi istruiti nelle scuole cattoliche parrocchiali, e sui 700.000 stranieri ciò sarebbe il 17 %. In iscuole private nostre si arriva si e no agli 800 ragazzi, e su 800 abbiamo meno dell’8 %. Che vergogna in faccia ad altre nazioni! I tedeschi per esempio hanno nelle loro scuole cattoliche,parrocchiali circa 14.000 alunni, ed i polacchi circa 20.000. E’ vero che questi due elementi sono più numerosi dell’elemento italiano; ciò nondimeno la proporzione è sempre desolante. Del resto bisogna tenere in conto che fra la popolazione tedesca vi sono molte famiglie di religione protestante. I Lituani stessi che non sorpassano i io.000 hanno nelle loro scuole circa i000 alunni. Dio sa quanti sforzi costa ai poveri padri di famiglia il fondare e mantenere scuole così dispendiose, ma essi lo fanno con entusiasmo. Per loro la scuola è come la chiesa, il focolare della loro religione, della loro patria, della loro lingua: quindi qualsiasi grande sacrificio per loro è ben poca cosa, pur di avere scuola propria. Devo aggiungere che gli edifizt destinati a scuola sono splendidi e costruiti coi criteri più moderni, mentre le classi sono fornite degli utensili di scuola più di lusso. Le scuole, gli ospedali, gli orfanotrofi ed altri istituti di istruzione e beneficenza sono il termometro dello spirito della colonia e rappresentano uno sforzo collettivo della medesima. Noi abbiamo ben poco da mostrare in questo senso. Due sole scuole: l’una tenuta dal padre Angelucci, Servita, l’altra dal padre Barabino, missionario di Monsignor Scalabrini. La prima ha c;rca 500 alunni e la seconda circa 300. (Continua).