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IL BUON CUORE 123


vido e intelligente che, a dispetto di molte difficoltà, riuscì a dar corpo alla vagheggiata illusione fu soprattutto ansioso di ricevere l’approvazione e la guida delle autorità della Chiesa cui apparteneva. E riuscì infatti, come sappiamo, ad ottenere dall’arcivescovo. di Canterbury la sanzione alla sua professione monastica e quindi, la sua elezione come Abate della piccola schiera di monaci che aveva raccolto attorno a sè. I cattolici, naturalmente, non potevano che notare con sorpresa lo strano fenomeno di questa comunità di uomini con saio e tonsura, strettamente osservanti le regole della vita benedettina, celebranti Messa e uffici in latino secondo le norme sanzionate dalla Santa Sede per l’Ordine di San Benedetto, e tuttavia fuori della Chiesa cattolica, affermanti di far parte di quell’eteroclito corpo ecclesiastico noto come Chiesa ufficiale d’Inghilterra, per legge stabilita. Non pochi inclinavano a non prender la cosa sul serio, altri dubitavano che uomini simili potessero essere sinceri, data la manifesta incongruenza della loro posizione, parecchi infine si mostravano anche apertamente seccati per il fatto che costoro, mentre non riconoscevano la suprema autorità della Chiesa di Roma, s’arrogavano i diritti, i privilegi e l’augusto nome di quell’Ordine che fu il pioniere della rinascenza cattolica inglese. Certo, pochi cattolici, nati tali, possono spiegarsi un fenomeno psicologico tanto complesso e curioso. Tuttavia coloro che vollero penetrare un po’ intimamente nello spirito dell’iniziativa e ne studiarono le cause, e ne seguirono i metodi, rimasero tutti vivamente impressionati dalla manifesta sincerità dei suoi capi, e dalla devozione profonda che li spinse ad abbracciare una vita così austera di sacrifizi, di lavoro e di preghiera. Senza dubbio il fenomeno presentava non pochi errori ed anomalie, ma, date le circostanze, ciò era quasi inevitabile. Come non stupirsi, per esempio, dell’adozione da parte di costoro di insegne e dignità pontificali quando si sappia che solo gli abati cattolici possono fruire di tali onori e solo per virtù di privilegio papale? S’aggiunga che le infelici bizzarrie del famoso benedettino anglicano Padre Ignazio, morto pochi anni or sono, aveva reso particolarmente’ antipatica ai più tale imitazione protestante della vita benedettina. Bisogna però riconoscere che la comunità di Lla ntony, cui Padre Ignazio apartenne, fu ben’altra cosa di quella di Caldey. Alle eccentricità rumorose di Lla nthony, Caldey non fece eco e la sua periodica rivista Pax fu il vero riflesso della serenità regnante nel piccolo chiostro. Nel settembre del 19°3 uscì un opuscolo intitolato I nostri propositi e i nostri metodi» scritto dallo stesso abate Aelred e l’impressione, a quanto assicura il Catholic Times, ne fu favorevolissima da parte dei benedettini cattolici. Lo stesso Primate dell’Ordine lo proclamò • un’esposizione mirabile della vita degli ideali monastici». Sembra che veramente questa curiosa comunità sia

stata benedetta e protetta in modo particolare da Dio: non si può legger la storia de’ suoi sforzi iniziali, del suo zelo eroico e della sua mirabile perseveranza senza sentirsi presi da simpatia ed ammirazione sincere. La piccola schiera di uomini accampatasi pochi anni or sono entro mistiche tende intorno a un santuario mezzo diroccato è venuta in breve trasformandosi in una comunità regolare di monaci che riuscirono a farsi padroni dell’isola dov’eran giunti come stranieri e pellegrini, ad erigervi un decoroso monastero, una bellissima chiesa, a destarvi tutto un impulso nuovo di attività, di lavoro, di industria redditizia, nonchè un fervore di vita religiosa che ha esercitato larga influenza su le anime. Tuttavia essi non han mancato di sentir sempre viva l’amarezza del loro isolamento, della loro posizione anormale: separarsi da coloro che avrebbero voluto chiamare fratelli, diffidati dalla Chiesa cui protestavano devozione e ripudiati da quella onde pur avevano attinta la sostanza vitale per il nutrimento delle loro anime. Fu così che, durante la quaresima dello scorso anno essi si sentirono naturalmente forzati ad esaminare con più profonda indagine i loro spiriti e a considerar seriamente la loro posizione di fronte alla Chiesa cattolica. Il sacro periodo di penitenza fu da essi speso in continua preghiera e nello studio delle difficoltà che li tenevan separati da Roma. Logico e inevitabile risultato fu una scossa formidabile alla loro fede nella Chiesa d’Inghilterra, scossa che doveva risolversi in breve in un vero colpo di grazia. La decisione però non fu precipitata. Ciò di cui soprattutto essi sentivan bisogno era di chiarire la loro situazione e di dipendere da un’autorità sicura, che potesse riconoscerli e guidarli come figli devoti obbedienti. Pensarono perciò di chiedere un definitivo giudizio su la loro opera a quell’autorità che avevan sino allora riconosciuta e si rivolsero quindi ail’arcivescovo di Canterbury, il quale incaricò delle pratiche necessarie il vescovo Gore di Oxford. Il risultato delle lunghe trattative è noto. L’intera corrispondenza, scambiatasi fra le due parti è stata pur pubblicata privatamente a spese dell’abate Aelred. In breve, ecco come le cose si svolsero. Il vescovo Gore, naturalmente e doverosamente, dal suo punto di vista, fece una accurata inchiesta su là fede, le pratiche e le devozioni della Comunità dovette concludere che parecchie di esse erano tali da non poter essere sanzionateda alcun prelato anglicano. Pose perciò quattro condizioni capitali e irreduttibili alla sanzione anglicana dell’Ordine: i. Le proprietà dell’istituzione dovevano essere legalmente affidate alla Chiesa d’Inghilterra; I monaci dovranno usare la liturgia del Libro di Preghiere e recitare gli Uffici nel modo seguito dalla Chiesa anglicana; La pratica dell’Esposizione e benedizione del SS. Sacramento dovrà essere abbandonata; La dottrina dell’Immacolata Concezione e