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42 IL BUON CUORE


provvisano; che loro occorre un discreto capitale e un buon tirocinio fatto sui luoghi, sono pochi tra i nostri emigranti quelli che aspettano da noi di esservi indirizzati. Il Coletti crederebbe opportuno di iniziare ora col Cile una politica di trattati per la nostra emigrazione diretta a questo Stato, avvertendo che convenzioni simili non sarebbero per ora attuabili °all’Argentina e il Brasile. Il conflitto avvenuto coll’Argentina nel luglio scorso e la ferma condotta del Governo italiano in questa occasione hanno suggerito, a nostro avviso, prima di quel che si poteva credere, una nuova azione circa la nostra politica d’emigrazione; speriamo che le convenzioni ed i trattati ora in progetto sul solo argomento sanitario, possano felicemente estendersi anche alla colonizzazione e al lavoro. Ora però il Cile, di cui esaminammo le opportunità e le defincienze per la nostra emigrazione, sarebbe certamente lo Stato più propizio per la conclusione di un simile trattato. EUGENIO BONARDELLI.

Gli Italiani nell’Uruguay.

I nostri operai e contadini non hanno fatto fino ad ora dell’Uraguay la meta di una numerosa immigrazione: anzi, se vi hanno fatto capo, è stato alle volte per rendersi più agevole il passaggio nel Brasile, e più specificatamente nello Stato di Rio Grande do Sul, di difficile accesso dalla parte de lmare, o altrimenti per raccogliersi in un primo approdo innanzi di affrontare con più probabilità di successo la vicina Repubblica Argentina. Gli italiani stabilitisi nella Repubblica Orientale dell’Uruguay, quantunque vi abbiano lasciato traccia della loro operosità e abbiamo attualmente uno dei primi posti nell’attività economica dello Stato, ciò nondimeno non vi hanno compiuto quella vasta e preziosa opera, per cui si sono resi indispensabili nella vicina Repubblica Argentina: voglio dire la valorizzazione delle terre dello Stato. Quali le ragioni per cui quest’opera non fu compiuta nell’Uruguay che, pur con una superficie di kmq. 186.925, alimenta appena una popolazione di 1.042.668 abitanti? Le ragioni le dà in una dotta monografia il signor Carlo Umiltà, R. Viceconsole in Montevideo (Boll, dell’emigrazione, anno 1911, n. 5). Esaminando attentamente, sotto i molteplici punti di vista — sociale, nazionale, economico — le condizioni degli ita liani colà stabiliti in numero di circa i00.000, egli studia anche, con eguale diligenza, le possibilità di successo che vi avrebbe attualmente una forte corrente emigratoria. Le terre dell’Uruguay sono eccellenti; ma l’agri°altura, anche intensiva, non è così diffusa come dovrebbe e potrebbe essere perchè l’allevamento del bestiame ne tiene il luogo: questo è la principale industria del paese. Per l’allevamento del bestiame il suolo offre condizioni senza rivali nell’America del Sud; le bestie, a causa della bontà dell’alimento, dovuta alla natura particolare del suolo, ben irrigato e tutto ondulato, danno una carne più sostanziosa e più nutritiva di quella dell’Argentina; e inoltre la sua qualità va sempre migliorando, essendosi introdotte per l’incrocio le migliori razze d’Europa. Con l’allevamento del bestiame sono pure sorte le industrie derivate: basti accennare ai prodotti, di rinomanza mondiale, della fabbrica Liebig di FrayBentos. L’allevamento del bestiame però, sebbene sia una grande risorsa per l’economia nazionale del paese, è una prima causa della mancanza di una vera colonizzazione agricola dell’Uruguay; e infatti questa industria già di per sè non esige una grande quantità di mano d’opera, e d’altronde l’elemento straniero, per la vita rude, difficile, isolata che vi dovrebbe condurre, sarebbe poco adatto per essa. Inoltre è connesso con questa industria sistema del latifondo. Il proprietario del latifondo dovrebbe far ingenti spese per trarre un reddito dall’agricoltura: dovrebbe investire capitali nel dissodamento, nel piantamenta e nell’irrigazione della terra, oltre che nella costruzione di case coloniche e nell’acquisto degli strumenti e delle sementi, mentre che ora l’allevamento del bestiame, pure osai redditizio, gli costa pochissimo; esso è ancor fatto, nella massima parte, senza quei metodi razionali e moderni, per cui sono meritamente note le estancias degli inglesi nell’Argentina. Gli animali sono senza ricovero durante la notte e sempre sono esposti, alle intemperie. A questi fatti s’aggiungano le poche ferrovie, la scarsità e il cattivo stato delle strade carrozzabili in buona parte dello Stato, il flagello quasi periodico delle cavallette e si avrà un’esatta idea degli impedimenti che ostacolano una estesa economia agricola come nell’Argentina. I nostri coloni poi non trovarono, né avrebbero potuto trovare condizioni vantaggiose nell’acquisto dei terreni, perchè il Governo dell’Uruguay, a differenza degli altri Stati dell’America del Sud, non