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IL BUON CUORE 131


sue mura Vercingetorige, sembra debba chiudersi, questa volta ancora, con un gruppo di tesori della civiltà romana: là, come altrove, la civiltà gallica ha lasciato poche tracce, appena. E le orme di Roma si moltiplicano ad ogni colpo di piccone.

A questo modo Roma sembra voglia ricordare al popolo, che ci ospita, i suoi benefici e la sua gloria. Roma aperse alla Gallia gli orizzonti angusti della civiltà e dell’arte. Invadendo il suolo d’un paese lacerato dalle lotte intestine, le aquile di Cesare lasciarono qui un ferniento di civiltà, di cui la Francia risentirà in eterno l’influenza. Su tutta l’ampia zona che corre tra le Alpi ed i Pirenei, non esiste una sola città che variti memorie antiche, diverse dalle romane, Roma ha arricchito tutta la Francia meridionrle di teatri, di templi, di terme, di tombe. Pianure e colline sono solcate oggi ancora dai testimoni degli acquedotti interminabili e giganteschi, sorti al cenno d’un prefetto dell’impero. Chiunque viaggia e scruta ciò che resta di venerabile in tanta parte della Francia, ritrova largamente giustificata la parola famosa di Plinio: «E’ un’altra Italia, questa, piuttosto che una provincia!» Sono i monumenti di Lione e dei dintorni, che ricordano Augusto, Claudio, Nerone, Trajano, Antonino il Pio. Son le ruine costantiniane ad Arles; i resti del tempio d’Augusto e di Livia, i portici del foro, il teatro a Vienna. E le vie di mosaici e l’imponente torre magna, e la porta d’Augusto e la fontana di Diana e le Arene di Nimes, ed il teatro atletico d’Orange. Il flutto della civiltà e dell’érte di Roma non s’arrestò nemmeno innanzi alle resistenze del clima e degli uomini del nord. La guerra, il saccheggio, le fiamme non riuscirono a compiere la loro opera di morte. Oggi il vento spazza i detriti e la roccia romana ricompare, granitica, immortale.

Domenico Russo.


La protezione italiana
ai Missionari in Cina.


I giornali replicatamente riportarono accenni rassicuranti sulle vicende attraversate dalle Missioni Cattoliche Italiane nelle convulsioni che funestarono e tuttora funestano la Cime Ncn sarà discaro ai nostri di rilevare la situazione quale è delineata da S. E. Mons. Fabiano Landi Vescovo, Vicario Apostolico del Flupé Occidentale e Settentrionale, in una lettera sua del 6 marzo u. s. al Presidente Generale dell’Associazione Nazionale per soccorrere i Missionari Cattolici Italiani.

«La Cina sta attraversando una grande crisi. I Cinesi di tutte te Provincie sono tutti insorti contro il Governo Mancese. In questo generale sconvolgimento, in varie provincie dell’interno ha regnato irta ve a anarchia. Le Missioni hanno corso dappertutto st rio pericolo. È vero che il movimento rivoluzionario è antidinastico. Pure nella generale confusione, gli aggregati alle sette segrete, delle quali è piena la Cina, avevano campo libero per darsi al s3ccheggio e al brigantaggio, come pur troppo hanno fatto in vari luoghi.

«Noi siamo infinitamente grati al nostro Console e specialmente al nostro Ministro a Pekino, signor conte Sforza, per l’aiuto prestatoci in queste critiche circostanze. Il contegno, del ministro Sforza è stato energico, prudente e pieno di sollecitudine per le nostre Missioni. Grazie alle sue replicate istanze presso i capi dei due partiti — imperiale e repubblicano — noi abbiamo goduto di una relativa sicurezza; in tutto il Vicariato avemmo a deplorare soltanto il saccheggio di una Cappella — e questo affare fu subito regolato con completa nostra soddisfazione.

«Sono lieto poi di constatare. che la nostra Bandi-era è stata rispettata non solo dai repubblicani, ma anche dai partiti sovversivi. Vari Mandarini e personaggi ragguardevoli, partiti da Hankow, hanno voluto da noi la bandiera italiana, per innalzarla sulle loro barche; anche in città varie famiglie, invece della bandiera repubblicana, esponevano la bandiera italiana. Alcuni depositarono i loro oggetti più preziosi nelle nostre case ed altri avevano domandato di ritirarsi presso di noi in caso di una sommossa, o di assalto della città da parte dei briganti».

S. E. R.ma Mons. E. Massi, Vicario Apostolico dello Shansi, parimenti scriveva:

«Riguardo a notizie Le posso assicurare che ora si sta meno in pericolo, anzi in pace, e ciò in seguito all’energica attività del ministro Sforza, che ha fatto prendere all’Italia grande nome e prestigio in questa provincia».

È proprio il caso, pare a noi, di proclamare che non tutto male vien per nuocere.

Il direttore dei lavori del Loetschberg a Mons. Bonomelli.


Col principio di quest’anno sono terminati i lavori del traforo del Loetschberg (Goppenstein Kandersteg) almeno per quanto si riferisce alla grande galleria. In t de occasione ai direttori dei lavori sui due versanti venivano conferite onorificenze italiane e’ francesi. L’ing. Carlo Moreau, direttore dei lavori del tunnel lato Sud, decorato della Legion d’Onore dal Goxerno francese e nominato cav. uff. della Corona d’Italia, inviava in questi giorni a Mons. Geremia Bonomelli una lettera commovente, di cui ecco i brani principali:

«....Mi faccio un dovere di inviare all’E. V. i miei più sinceri ringraziamenti e di rinnovarLe i migliori sentimenti di ammirazione e venerazione profonda.

«S. M. il Re ha voluto prendere in considerazione l’interessamento mio a favore degli operai lavoranti al Loetschberg: V. E. sa che per quanto io feci a pro degli emigranti italiani, venni già compensato ad usura, perchè i «bravi minatori, muratori e tutti gli operai del Loetschberg» furono coraggiosi, docili, devoti e degni dei loro antichi compagni del Frejus, del Gottardo e del Sempione.

«Ed è per Me fonte di legittimo orgoglio poter dire che mai ombra di malcontento regnò a Goppestein.

«Io non dimenticherò mai la benefica e salutare in-