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IL BUON CUORE 5


da noi ricevuto». Le bimbe che frequentano quelle scuole, appellano le suore col nome di mamma. «Gli arabi provenienti da lontani paesi — continua la lettera — che per la prima volta ci vedono attorniate da tante bambine si rallegrano con noi, credendole figlie nostre, e nella loro semplicità ci augurano altrettanti maschi, considerati da loro come una benedizione del Cielo.... E non tutti partono convinti che noi non abbiamo nè marito nè prole, non arrivando essi a comprendere come possiamo sacrificarci per bambine non nostre, e come esse concepiscano tanto amore per noi che non siamo le loro madri».

Lettere simili scrivevano le Francescane di Tripoli. Anche là, la stessa, quotidiana affluenza di malati, spesso provenienti dalle più lontane regioni, dal deserto. La malattia, data la enorme sporcizia di quella gente, è qualche volta guarita con una semplice lavatura. E sembra miracolo. Un vecchio arabo, a cui la tabiba aveva dato la medicina che gli doveva guarire il figlio, tornò dopo tre mesi col figlio guarito, e presentandosi, vestito a gala, al dispensario, offri in regalo alla tabiba un braccialetto d’argento massiccio, dicendole: — prendi, l’ho comperato per te; perchè mi hai dato buone medicine. Accettalo, ti servirà quando sarai sposa!

L’azione delle Missioni e dell’Associazione Nazionale, fu rivolta anche a tentar di sopprimere la tratta dei negri, che in barba ai trattati e alle Potenze, veniva esercitata ancora, su vasta scala, in Cirenaica. Quando si otteneva di riscattare questi infelici, si curavano, si istruivano, si insegnava loro un mestiere. Vennero comperati terreni per le colonie agricole, si scavarono pozzi artesiani. Una lotta continua, per questa opera, col governo locale, il quale di sottomano o apertamente, cercò sempre di ostacolare l’impresa, sospendendo i lavori, minacciando di prigione gli operai, e perfino facendo rubare gli attrezzi più necessari.

Per mettere un argine all’usura, praticata pubblicamente e anche da una banca privata in modo scandaloso (i tassi variavano dal 30 al 120 per cento), l’Associazione Nazionale fondò e affidò a una Missione un piccolo Monte di Pietà, che fu subito un calmiere prodigioso. Tanto che in seguito la banca ottomana, imparò a prestar danaro a un tasso modico.

Questa, ed esposta solo per sommi capi, l’opera dalle Missioni e dalla Associazione Nazionale già svolta in Tripolitania, senza grande rumore, ma con grande tenacia. Se nelle relazioni, nelle corrispondenze, negli scritti dei frati e delle suore c’è forse troppa facilità ad esaltare la capacità di riconoscenza che può albergare negli arabi, questo è proprio alla loro opera di fede e di pietà. Ma la bandiera italiana, sventolante su tutte le loro case; che serve da sfondo a tutti i gruppi fotografici dei loro piccoli allievi, dei protetti, dei beneficati; l’insegnamento paziente della nostra lingua; la commozione vera che è in quei loro scritti, in quelle loro relazioni quando essi invocano o ricordano la Patria, tutto ciò dà ad essi il diritto di ritenersi i primi ed i più intensi fautori dell’opera di italianità che noi andremo compiendo. Della preparazione da essi fatta, sentiremo senza dubbio gli effetti benefici.

Cartoline delle nostre Missioni


Alla relazione sull’opera della nostra Associazione Nazionale di soccorso ai Missionari Cattolici Italiani, è giusto far seguire qualche illustrazione, che siamo lieti di presentare in forma di riuscitissime cartoline rappresentanti, oltre le nostre scuole all’estero, parecchi splendidi quadri dell’Egitto, della Palestina, delta Cina, della Bolivia, della Siria, di Antivari, Scutari, ecc.

Sono parecchie serie svariate da 15 a 16 cartoline ciascuna, e ogni serie costa una sola lira. Un affarone per gli acquirenti, e con tale affarone si concorre ad aiutare i nostri Missionari, specie quelli che, come pionieri di civiltà, si trovano da parecchi anni nella Tripolitania e nella Cirenaica.

Rivolgere le commissioni ad A. M. Cornelio, via Castelfidardo, 11, e via Gesù, 8.

Tripolitania


Proseguiamo la pubblicazione delle lettere caratteristiche del giovane pittore milanese Pierino Todeschini, il quale, anche alle trincee, non perde la serenità dello spirito, e conforta i genitori come se si trovasse in un posto delizioso, e chiede pennelli, colori e pellicole.

Sono profonde le simpatie suscitate dal giovane soldato e artista: profonde tanto da indurre la Società Artistica e Patriottica a fargli spedizione di tutto l’occorrente per eseguire degli studi che certo riusciranno attraenti.


Bengasi, 5 novembre 1911.

Carissimi,

Ho ricevuto ieri con grande felicità la lettera di papà e quella di Lucio in data 27 l’una e 29 l’altra. Solo 7 giorni di viaggio; a seconda delle partenze de’ piroscafi, arriva la posta più o meno tardi.

Io godo di una salute di ferro; mangio come un vero p.... e mi diverto abbastanza.

Mi struggo soltanto per non avere qui né macchina fotografica nè colori, e credo che un’occasione simile non mi capiti più per fare qualche cosa di buono.

Ora poi è arrivato l’ordine che tutte le forze di Bengasi si debbano stabilire qui.

Faranno le baracche con trincee blindate in modo che saremo in una specie di fortezza enorme, e le forze tutte si fermeranno qui sino a marzo, senza andare nell’interno come prima si credeva. Siamo già in 20000 soldati ed oggi ne devono arrivare altri 11000 di modo che siamo a posto. Non temete gli avvenimenti di Tripoli perché si sono prese precauzioni e disposizioni tali da non temere fortemente. Tutti i giorni si fanno ricognizioni in giro alla città da battaglioni intieri e tanta gente sospetta si trova, altrettanto si mena via e gli armati a seconda dei casi, vengono anche fucilati.

Bisogna far cosi con questa marmaglia altrimenti non si ottiene un corno.

L’altro ieri una compagnia di beduini si è vista aggirare nelle vicinanze; una cinquantina di individui in tutto, con cammelli e cavalli. Hanno voluto sparare 3 o 4 colpi su di noi coi loro fucili a bacchetta alla distanza di circa mille metri. Non occorre