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future.... No, non disperiamo. Dio non ha detto la sua ultima parola, Satana non è padrone per sempre. Non avrà il mio nemico onde rallegrarsi di me. O Maria, concedete a quanti vengono qua, di pronunciare un giorno questa parola alla soglia della beata eternità. Amen!».

Trad. di L. Meregalli.

Can. Andrea Durand.


Per la salvezza dei nostri emigranti


Dell’ITALICA GENS


(Continunione, vedi n. 45).

Ma la questione che può sembrare, ed è la più seria, si è quella dei mezzi coi quali il nostro emigrato potrebbe comperare ed arrivare al possesso della terra. Questa difficoltà che in verità è seriissima non è tuttavia iusuperabile. Ed io l’ho vista le tante volte superata da chi si era prefisso di riuscire nell’intento ricavando dal suolo non solo il necessario alla vita, ma anche il danaro necessario per svincolare interamente la proprietà e farsela sua. Ma, a parte questi casi, che esigono una seria volontà, bisogna osservare che la Società s’interessa acciocchè i pagamenti annui, che debbono farsi dai nuovi occupanti il terreno, sieno così miti, che il laborioso agricoltore possa facilmente soddisfarli e coi raccolti del suo campo e con qualche lavoro d’occasione che facilmente si trova. La massima parte dei coloni coi quali io sono venuto in contatto erano persone di scarsissimi mezzi e pure in tempo relativamente breve hanno raggiunto il loro intento: lo hanno fatto coi sudori della loro fronte versati su quelle stesse zolle che poscia diventarono loro possessione e col non lasciarsi sfuggire di mano quei lavori che occasionevolmente si presentano. Tuttavia non è mai da consigliarsi che un emigrato si porti alla campagna interamente sprovvisto di denaro, non potendosi mai prevedere a quali casi esso possa trovarsi esposto. Gli italiani però sono per se stesso più previdenti di quello che si crede, in questa materia e, generalmente parlando, è ben raro il caso in cui l’italiano si privi dell’ultimo marengo ordinariamente riposto per le spese imprevedibili.

E non sarebbe questo il caso che dovesse richiamar l’attenzione della gente che dispone di denaro, di istituzioni bancarie, le quali investendo a grande vantaggio il denaro in terreni, provvederebbero così assai bene all’interesse degli emigranti, al loro proprio, nonchè a quello della patria: ottenendo così un doppio scopo l’uno più nobile dell’altro? Perocchè il prezzo di queste terre cresce di continuo, nè v’è alcun pericolo di perdita di denaro se anche per caso rarissimo uno degli acquirenti finisce per abbandonare il terreno.

Quando si pensi alle centinaia di migliaia di lire, che colle migliori intenzioni di procurare il bene ai nostri emigrati furono spese senza però riuscire sempre al-
l’intento: quando si pensi che questo denaro stesso se fosse investito in terreni, non sarebbe mai perduto, ma in breve tempo rientrerebbe col suo interesse, molte persone dovrebbero pure aprire gli occhi, ed interessarsi ad un’operazione tanto vantaggiosa. Perchè, diciamolo pur chiaro, i nostri Italiani con tutti i difetti, che a torto o a diritto vengono loro attribuiti all’estero, pure vengono accennati come modelli di onestà nei loro contratti ed è un’assioma in quei paesi, chè «l’Italiano è onesto». Io sarò ottimista, pure non mi so persuadere che questa proposizione e concetto che insinua un modo così efficace per aiutare i nostri emigranti, che ne assicura la loro felicità nei paesi nei quali molte volte la vanno cercando invano, e nello stesso tempo diventa assai lucroso per quelli che lo adottano, non debba interessare i nostri uomini di affari e ad assicurare così la miglior fortuna agli esuli ed a quelli rimasti in patria.

Senonchè qualcuno a questo punto potrebbe interrompermi, dicendo che col sistema esposto più sopra noi saremmo la causa che ottimi cittadini in cambio di restare o almeno di tornare in patria si fermerebbero in contrade straniere e sarebbero quindi per noi perduti. Perduti! Ogni qual volta cade il discorso su quegli emigranti, che lasciata la patria, trovano conveniente di formarsene una in quelle contrade le quali sono state loro prodighe di fortuna, bene spesso si sente ripetere queste parole: ma questi per noi sono perduti; ed ogni qualvolta le ascolto mi si fa il cuore piccino, sento come un brivido per le vene, nè so capire come persone di mente sana, e viste larghe, di cuore non men generoso, possano anche per un momento solo lasciarsi dominare da una pura sentimentalità e quasi trattener la mano, che già si sporgea generosa verso un fratello che dalla necessità di provvedere alla vita viene costretto al grande sacrifizio di abbandonare i suoi cari insieme colla sua patria. Poniamo per un istante che ciò sia vero, che cioè egli non dovesse tornare tra di noi; e perciò gli rifiuteremo noi l’aiuto che gli avremmo dato volentieri nel caso che tra noi fosse tornato?

Se si tolgono alcune regioni d’Italia nelle quali l’emigrazione, a causa di eccezionali condizioni economiche ha assunto proporzioni veramente esagerate, nel resto può riguardarsi come fenomeno normale dovuto alla felice esuberanza di nascite che si ha nel nostro paese; onde non è chi non veda che per tal riguardo non basta a stabilire giusto equilibrio la sola emigrazione temporanea; è vero che il miglior assetto agrario di tante terre italiane, il crescente sviluppo delle industrie e dei commerci potrà permettere di albergare in patria una popolazione sempre più numerosa, ma se, come è da augurarsi, l’incremento demografico conserva le attuali proporzioni, certamente anche un’emigrazione di carattere permanente, è necessaria, in certa misura.

(Continua).



Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.