Pagina:Il buon cuore - Anno X, n. 41 - 7 ottobre 1911.pdf/6

326 il buon cuore
stro mistero, Monna Lisa, che non fu mai penetrato, non sarà disciolto neppure oggi, che con intenso ardore si torna a pensare di voi, alla vostra semplice storia, alla vostra meravigliosa e calma bellezza. Nel timore torturante di aver perduto, forse per sempre, il tesoro di cui voi, siete l’immortale depositaria, — con la profondità viva del vostro sguardo, con l’armonia meravigliosa del vostro volto puro, con l’espressione magnetica della vostra bocca eloquente, tornano ora le anime, ed i cuori assetati di bellezza alle scaturigini fresche di una sincera semplicità, onde andate voi altera, Madonna Lisa. E dinanzi al ricordo della vostra fronte serena, scompaiono in:un istante tutte le altre donne che piangono e che sorridono per virtù d’arte. E rammentano anche, i risorti adoratori degli incanti vostri, chi voi foste, quando Leonardo compì l’opera meravigliosa. Ma, Monna Lisa Gherardini, terza moglie di Francesco del Giocondo, che in Firenze posaste davanti al cavalletto di Leonardo, quando egli già sulla cinquantina vedeva declinare quasi la vita, mentre l’ala del suo sogno non aveva toccato ancora i cieli meridiani, voi non potete dire, e non direte mai alle genti, fino a che punto aiutaste l’artista prodigioso ad avanzare verso l’ideale suo alto, sì alto, che tutti lo ritenevano folle: ed è pure quello ancora, che gli artisti hanno smarrito talvolta, e non raggiunto mai. Nessuna donna, io so, come di voi, o bellissima, fu tanto fantasticata e sognata. Quante volte, attraverso le rinnovantesi generazioni, fu a voi chiesto il perchè di quell’espressione fra lieta e pensosa che dà luce e colore di sentimento, di vita fino al paesaggio che è a sfondo della vostra immagine superba? Monna Lisa — fu scritto — occupa nell’arte moderna, il posto che nell’antica la Venere di Milo. Ma non v’è chi non senta la superiorità di questa, che una così intensa e pura espressione di vita (quale l’arte cristiana aveva consacrato) chiude negli armoniosi lineamenti. Non più il solo simbolo della bellezza corporea, rappresenta questa creatura perfetta ma l’intensità, la complessità di un’anima che attraverso ogni tratto della fisionomia, ogni dettaglio della figura, ogni accessorio dell’abbigliamento, si rivela. Si narra, che essendo Monna Lisa bellissima, Leonardo usasse tenere mentre la ritraeva «chi sonasse o cantasse e di continuo buffoni, che la facessero stare allegra, per levar via quel melanconico che suol dar spesso la pittura a’ ritratti che si fanno; ed in questo di Leonardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana il vederlo, ed era tenuta cosa meravigliosa, per non essere il vivo altrimenti....».

Sì, Madonna Lisa, non è il vivo altrimenti da quello che è ritratto nella nostra effigie, ma non è quel vivo che rivela la presenza di giullari o di buffoni, quello che anima il vostro volto ridente che sembra esprimere con sottile, mirabile ironia, la gioia del chiuso mistero impenetrabile.

Ma non saprai giammai perchè sorrido, e sembrate rispondere piuttosto, o Madonna, a chi osi pensare, che quella vostra espressione fosse suscitata da lazzi burleschi. Oh! essi potevano anche esserci nella bottega
di Messer Leonardo, ma non ad essi rispondeva per certo la vostra bocca, e tanto meno il pensiero dell’artista, che colse dalle vostre labbra il raggio sottile dell’anima radiosa, nascosta dietro lo scherno della bellezza, per gittarlo, fino all’orizzonte, amplificarlo in fasci luminosi, diffonderlo come un limpido velo di rugiada ristoratrice sul paesaggio, che è animato di voi stessa, che è armonizzato, con voi, come lo sono i cieli con gli attorti monili stellari. Senza dubbio Leonardo che trasse dalla natura infiniti aspetti della bellezza e dell’espressione virile, da quello dolcissimo del Salvatore nella Cena (ed è anzi tutta la Cena una meraviglia di atteggiamenti e di teste diverse) a quello dolorante ed estasiato nell’ascetica penitenza del San Girolamo, Leonardo, si è ripetuto assai volte nelle figure femminili. Ripetuto? Avremmo dovuto dire piuttosto: ha cercato la perfezione iteratamente attraverso la stessa figura.

Monna Lisa ha per quattro volte almeno tentato il pennello di Leonardo, il quale si dice pinse un ritratto di lei, che esulò anche esso in Francia, facendolo ricoprire, — onde dissimulare la dolce immagine preferita, che solo più tardi fu ritornata alla luce — da uno strato di cera, su cui era dipinta un’immagine di assai mediocre fattura. E l’artista che i suoi allievi, i suoi ammiratori stessi accusavano di volubilità, da voler fare molte cose a un tempo, di lasciare incompleti i suoi lavori migliori, di fantasticare troppo, e di scoraggiarsi anche sovente, ha invece con intenso ardore perseguito la perfezione di un’immagine feminea. Oh! senza dubbio molto la fantasia popolare e la leggenda si è sbizzarrita intorno a questa ostinazione passionata d’artista; ma la composta e pura figura della Gioconda ha conservato il dignitoso suo aspetto, ha tenuto alta la sua fronte aperta e chiara, dinanzi agli sguardi scrutatori, indagatori, e le sue labbra non si son dischiuse oltre il sorriso meraviglioso ed enigmatico. Onde a noi che della vostra sorte nuovissima passionatamente fantastichiamo, dolce Gioconda, a noi che vi seguiamo col pensiero per gli oscuri baratri ove vi ha ora trascinato l’avidità e la follia, noi che ammiriamo e ci rinfreschiamo alla vostra grazia primaverile, dopo quattrocento quindici anni, da che sorgeste, perfetta e completa dalla tela, noi possiamo ancora pensarvi come una di quelle pure e serene figure di ispiratrici che additano agli uomini le vette più luminose.

Che c’importa sapere perchè così sorridete? Non si scioglierà mai il mistero, come non si sciolgono del loro molle atteggiamento le vostre mani, dolci, le vostre mani incrociate, dalla linea pura, dalla bianchezza che par tessuta di velati raggi di luce. E noi, oggi tremando di voi e per voi, per la vostra immortale bellezza, per il meraviglioso segno dell’arte nostra italica, che recaste imperturbabile attraverso i secoli, noi Monna Lisa, vi vagheggiamo così come volle un poeta francese, che pensò chiuse nell’anima muliebre tutte le armonie misteriose dell’universo, le preveggenze ascose dell’anima che misurano senza saperlo le grandi forze chiamate alle opere immortali, ai grandi gesti miracolosi, onde ha impronta novella la umanità. Leonardo,