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il buon cuore 317
— Però io sono disposto a fare quanto sta in me, personalmente, per rendere meno grave la condizione dell’allievo.

— L’ho detto io che lei era molto buono.

— Per esempio, potrei scrivere io stesso a quella grande Casa di Milano, pregando di tener libero il posto, garantendo per il giovane, se egli mi garantisce di studiare nei tre mesi di vacanza.

(Movimento di sorpresa nelle due donne).

— Questo io posso fare e questo farò volentieri, poichè gli allievi sono per me dei figliuoli. Mi diano l’indirizzo della Casa... e io spero....

— (Le due donne si scambiano uno sguardo significativo. Silenzio; poi): Ma non è proprio possibile mutare il voto?

— (Il professore, che ha visto sfumare nelle nuvole della fantasia la grande Casa di Milano): Non è possibile.

— Ci lasci qualche speranza....

— Mezza soltanto (aggiunge la signorina).

— Non posso.

E così se ne vanno; e il professore ride di sè per aver offerto con ingenua generosità la sua opera... presso quella grande Casa, di cui sopra.

Proprio vero che non si è mai furbi abbastanza!

E le visite continuano e si ripetono, e l’umanità si mostra sempre più varia ed acuta nel trovar modo di nascondere le proprie mancanze e di ottenere il maggiore profitto col minimo sforzo possibile.

Ma la conclusione che se ne può trarre e se ne trae è una sola: che tra la fainiglia e la scuola se non c’è vera e propria guerra, c’è almeno mancanza di simpatia e di reciproca conoscenza. La scuola, per la famiglia, non è che una fabbrica di diplomi, e però la famiglia in generale non se ne interessa che in quei momenti, nei quali la conquista dello sperato diploma si avvicina o s’allontana: nei momenti cioè degli esami.

A questo modo l’insegnante è un brav’uomo se promuove; è un cane se rimanda; che il giovane sappia non sappia, non importa proprio nulla; l’importante è che sia promosso e, al più presto, licenziato. Da ciò la scuola patisce grave danno, e con la scuola la cultura, la serietà, l’onestà delle nuove generazioni d’Italia.

Si è a lungo parlato e si parla da molti, competenti no, delle misere condizioni dell’istruzione pubblica nel nostro paese, e si avvisano mezzi vari e diversi per rimediare e riparare. Ma una vera e propria riforma radicale dovrebbe aver suo primo fondamento in una stretta e feconda unione tra scuola e famiglia. Anzi oso dire che senza tale unione ogni riforma interna ed esterna sarà vana o quasi.

Giustamente il ministro Credaro, in una circolare pubblicata nel decorso anno scolastico, consigliava la costituzione di Comitati di padri di famiglia presso i singoli istituti d’istruzione, con l’ufficio di collaborare coi presidi e gli insegnanti nel dirigere ed educare l’animo dei giovani, nell’avvisare i mezzi migliori per ottenere lo scopo comune. E di codesti Comitati avremo forse occasione di parlare altra volta più a lungo.

Intanto parecchi ne furono fondati in diverse città
d’Italia; in altre si fecero tentativi con buono o cattivo esito; ma quasi ovunque si trovarono opposizioni presso i padri di famiglia e presso i professori. Questi gridarono, anche sui giornali di classe e nelle deliberazioni delle sezioni, che i Comitati di padri di famiglia invadevano il campo degli insegnanti e costituivano come un inopportuno, non necessario e umiliante controllo sulla loro opera; i padri o non capirono nulla di nulla, o trovarono incomodo e grave addossarsi nuovi uffici e nuove responsabilità e vollero davvero oltrepassare i confini loro imposti e accamparono pretese ingiustificate e vollero entrare in campi ad essi naturalmente contesi,

Potremo, come ho detto, tornare su questo argomento studiare il come e il perchè la costituzione di simili comitati in Italia è stata tanto combattuta, mentre essi fioriscono in Francia, in Olanda, e altrove, mentre anzi in proposito c’è tutta una letteratura a portata di mano. Per ora ci basta di aver richiamato l’attenzione dei lettori sulla assoluta necessità, che tra scuola e famiglia si stringano più stretti i rapporti, anzi veramente si stabiliscano dei rapporti morali, perchè ora tra di esse non c’è che il rapporto molto poco morale del pagamento delle tasse, se non si vuol contare quell’altro, anche meno morale, delle visite ai professori nel periodo critico degli esami.

A proposito di esami, non è vero, per chiudere, che siano sempre noiosi e stucchevoli; talvolta ci si fa buon sangue. Uno dei temi ministeriali d’italiano per gl’istituti tecnici riguardava le lodi da darsi agli eroi del nuoto, del volo, ecc. e quelle da darsi al vecchio scienziato, che scopre i veri, ecc., ecc.

Ed ecco un candidato, che per commuovere l’animo del lettore a reverente pietà pel vecchio scienziato me lo fa stare «immobile al tavolino per giorni, mesi ed anni». Poveretto! Fa compassione davvero! È un caso straordinario e interessante di atassia locomotrice! E quanta acqua di Montecatini dovrà poi bere il vecchio scienziato per riparare ai mali efietti di una vita così tenacemente sedentaria!

Ma non ridiamo troppo: quel candidato si ebbe una solenne bocciatura e non è generoso ridere del vinto: parce sepulto!

Fortunato Rizzi.




Un Educatorio modello


«Lo spirito di famiglia se ne va, la donna oggidì non è più per la famiglia, essa esercita altrove compiti nuovi e quindi non è più la donna forte che edifica la sua casa...». Questo lamento generale sarebbe addirittura scoraggiante se per grande sventura avesse esulato dall’età nostra anche lo spirito cristiano. Ma come in tempi barbari si dovette a questo spirito la conservazione del fuoco sacro delle scienze e delle arti, così all’epoca attuale, paganeggiante nelle idee e nei costumi, è ancora lo spirito del Cristianesimo, sempre vivo nella Chiesa, che, serbando alla donna il posto dignitoso a cui l’ha elevata, la mantiene regina della casa e della casa l’ornamento e il sostegno.