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vini e vedere in che modo la santità degli uni compensa, quasi, la nequizia degli altri, ma è certo che un istintivo sentimento ci spinge a vedere, nei buoni, nei santi i nostri difensori, i salvatori nostri.

E se noi sappiamo di dover loro se ci è concesso altro tempo di vita, altra opportunità di conversione, perchè quando, qualche volta, ci si offre l’occasione d’esser misericordiosi noi non lo sappiamo, non lo vogliamo essere? E parliamo dei, diritti noi indegni di vivere?!

Oh, ricordiamo la parabola dei servi debitori che si legge in altra pagina del Vangelo e che la voce della pietà e della ragionevolezza ci inviti a tener quel contegno che a noi, miseri peccatori, solo s’addice.

E un’altra cosa è dover nostro di ricordare: che a noi è impossibile essere giusti, ma che possiamo essere buoni. La carità è la giustizia perfetta, suona la parola e la vita dei Santi: quelle parole e quelle vite siano la legge ed il modello nostro.

Educazione ed Istruzione


Per ottantesimo compleanno

di

Monsignor GEREMIA BONOMELLI

Come omaggio al venerando Presule, riportiamo la bella pagina pubblicata da Luisa Anzoletti nella Rassegna Nazionale.

Quando suona il nome illustre e venerato di Monsignor Bonomelli siamo sempre così avvezzi ad ascoltare, che oggi, all’invito di dire venutoci dalla Rassegna Nazionale, il moto primo in noi fu di confusione e quasi di turbamento.

Ma poi, subito dietro, non un pensiero, bensì un’onda di ricordi e di sentimenti si vien destando, ed è tutto un rispondersi di echi della memoria e del cuore: reminiscenze di letture, di discorsi, impressioni di maraviglia e d’ammirazione, onoranze cui si è assistito, commozioni che si son provate, atti di carità ai quali ognuno s’inchinava, parole sante che andavano di bocca in bocca; e tutto vivo, tutto presente, armonioso e luminoso nell’animo nostro. Come renderne in breve l’insieme?

Ecco, di questo coro intimo, un’unica voce io colgo, benedicente al glorioso Vescovo di Cremona come all’Autore d’una multiforme e feconda opera scritta; la quale, rispetto ai tempi ed alla società per cui fu scritta, reca in sè un carattere proprio delle cose che la Provvidenza dispone: quello d’essere stata un’opera necessaria.

Nell’enorme produzione della penna ai dì nostri, quanti libri, specie se vi si applichi l’aureo concetto
del rifar la gente, potrebbero dirsi in qualche modo necessari?

Or io guardo agli scritti di monsignor Bonomelli: cospicui volumi e opuscoli popolari. Non uno, dalle «Questioni religiose, morali e sociali del giorno» al «Seguiamo la ragione», dalle descrizioni di viaggi alle recenti pagine sulla scuola laica e sull’emigrazione, non uno che non abbia conseguito il suo scopo di fornire un lume e porgere un aiuto mentre altri non aveva aveva ancor pensato o non aveva ancor trovata la via di recarlo. Sempre, sempre all’infaticabile Scrittore fu la penna un mezzo efficace che la Provvidenza gli pone va in mano per agevolare lo studio dei sommi veri e render amabili gli insegnamenti morali, soprattutto là dove gli uni e gli altri maggiormente si fastidivano; per additare errori o pericoli e far sentire nuovi doveri e brama di giustizie nuove; per mostrare come allora quando più sono in lotta gli egoismi e gli interessi materiali, più importa d’adoperarsi con ogni sforzo a trarre dal male il bene; per levare un grido di protesta dovunque gravano oppressioni sociali che potrebbero venir risparmiate, e per far udire la voce della pietà ed eccitar l’opera di salvamento dovunque ad esse non è scampo.

Il suo stile è un vivido fascio di raggi, che, quanto più s’allarga il campo delle materie, tanto meglio si espande a rischiararlo per ogni lato. Noti ombra di paurosi problemi che valga a resistergli; non calcolo nè preoccupazione mentale che possa farlo deviare dal punto cui spontanea si drizza la sua luce. Dov’esso si riflette, le cose devono apparire quel che sono in realtà; sia che lo Scrittore soffermi lo sguardo negli immoti dominii dell’esperienza e della storia o ch’egli segua nel fervido movimento attuale il cammino della civiltà e del progresso; sia ch’egli discenda nei misteri dell’umana coscienza o interroghi piamente il segreto dei cuori.

Egli ha fatto suoi con grande amore molti bisogni e molte questioni civili, ma per ricondurli al fine supremo della religione e per subordinarli al massimo degl’interessi: la salute dell’anima.

Egli ha insegnato che Iddio vuole la salvezza dei popoli, non la perdizione; e questa può ben dirsi una opera provvidenziale in tempi che da molti si parla di perdita della fede, e tutti han come il senso ocuro di un male che rode alle radici la vita intera.

Il suo esempio ci riafferma una consolante verità: che, anche nei tempi più difficili, l’amor di Dio e del prossimo sempre ispira ai Pastori del gregge di Cristo, fra il comun danno, una misericordiosa cautela divina: quella di non ispezzare la canna fessa e non ammorzare il lucignolo che fuma; e suggerisce una caritatevole pazienza evangelica: quella di non anticipare l’estirpamento della zizzania per non isvellere insieme anche il buon grano.

Luisa Anzoletti




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