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292 il buon cuore
Moncalieri, ella aveva chiesto alla signorina de Foras, se non le fosse piaciuto di venire a continuare il suo uffizio di damigella d’onore, accanto a lei, a Parigi. Ma la ripugnanza per «l’atmosfera dissipata e pel lusso turbinoso di quella corte di fresca data» era più forte dell’affetto profondo che la legava alla madama Clotilde. E, come scrive ella stessa, con la morte nell’ani-nia rifiutò. Ma il rifiuto non le nocque. Per la principessa esule, la signorina de Foras restò una dolce amica. La corrispondenza corsa tra loro lo prova: a nessun’altra anima femminile Clotilde di Savoia svelò, forse ornai, con più sincerità l’anima propria.... Le lettere vanno tra il 1859 ed il 1867, data della morte della de Foras, divenuta sposa del visconte di Suvigny. Se molte delle paginette, fatte ora gialle dal tempo, parlano di cose, a cui gli anni han tolto ogni interesse, parecchi squarci dell’epistolario principesco hanno un valore inestimabile: i tratti purissimi, ideali della principessa sabauda ne risultano illuminati. Eccone il testo senza chiose profanatrici.


Al «Palais Royal».

Parigi, 31 ottobre 1859.

Vi dirò subito per consolarvi che la «coiffure de bain» è affatto abbandonata. L’ho adottata soltanto due volte, credo, e unicamente di mattina. Cerco anche di parlare, non ho ancora raggiunto la perfezione, ma spero di giungervi. Voi vi scusate, nella vostra cara lettera, di farmi!a lezione: vi assicuro che i vostri sermoni sono assai accetti. Continuateli dunque, farò tutto il possibile per trarne profitto.... Faccio di nuovo l’infermiera; vi scrivo appunto dalla camera del mio caro ed eccellente suocero. Da due giorni non lo lascio quasi più. Egli ha avuto una nuova crisi, i medici credono, tuttavia, che ia supererà come le altre, pur essendo questa più lunga. Dio lo voglia! Perchè la sua perdita sarebbe per noi una grande sventura. Mi sono affezionata a lui come al mio proprio padre, e poi mio marito proverebbe un così gran dolore.... Assisto alla santa messa ogni mattina nella mia piccola cappella e la domenica, quando posso, vado alla messa cantata, e seguo gli uffizi della giornata nella mia cara parrocchia di San Rocco. Mio marito è molto buono per me e non si oppone minimamente alle mie pratiche di pietà... ho una vita felicissima e assai tranquilla, scrivo un pochino, lavoro; qualche volta andiamo al teatro, qualche volta ho degli invitati a pranzo: ed allora faccio tutto ciò che posso per essere buona e saggia.


Al castello di Compiègne.

5 marzo 1860.

Sono stata a Compiègne e vi ho passato dieci giorni deliziosi, ma non sono montata a cavallo, non avendo condotto meco il mio. Del resto Napoleone preferisce che non cavalchi punto piuttosto che montare un cavallo che non conosco. La dimora al castello mi è stata graditissima perchè a Compiègne si fa quello che si vuole e non v’è molta etichetta. L’imperatrice è sempre ugualmente gentile, ugualmente piena di riguardi per me:
essa cerca di farmi piacere ad ogni incontro. Insomma io sono contentissima di tutti: sono veramente felice. La mia famiglia è eccellente per me.

Vi sono tante questioni in aria, che non si sa quel che accadrà. Speriamo, che le cose si calmino e si aggiustino pel meglio. Che ne pensate voi? Mi sembra, conoscendovi come vi conosco io, che tutto non debba soddisfarvi. Non è vero? Continuo sempre le mie lezioni di letteratura e di storia che m’interessano molto. Riprendo il mio tedesco, uno studio che mi diverte. Insomma a poco a poco mi rimetterò a far tutto, poichè sono così giovane, e qui si sanno tante cose. Assisto sempre alla messa la mattina, nella mia cappella, e la domenica, negli appartamenti di mio suocero, dove anche si trova un oratorio. Ogni domenica, abbiamo un pranzo di famiglia a Corte, alle sette. Stasera avremo un gran concerto: ve ne sarà un altro martedì prossimo. Talvolta andiamo al teatro, venerdì prossimo, si deve dare una prima rappresentazione della nuova opera del principe Poniatowshi; vedremo che cosa sarà.


Un lutto.

Parigi, 8 luglio 1860.

Cara amica,

La vostra buona lettera del 29 giugno è venuta a consolarmi nel mio dolore: grazie di tanto interesse e di tanto affetto, ne ho veramente bisogno, vi assicuro; abbiamo fatto una perdita crudele. Napoleone sopratutto è vivamente e profondamente addolorato: suo padre era tutto per lui. Spero, che la sua salute non ne soffra troppo, ma egli è costretto ancora ad occuparsi di tante cose che gli ricordano continuamente il suo giusto dolore. Io, particolarmente, perdo molto: papà era così buono, ed io l’amavo tanto. Era un centro, intorno al quale ci ritrovavamo: quante cose non ci ricordava! Ma il buon Dio ha voluto così; egli ci ha dato troppe consolazioni perchè:noi potessimo mostrarci ingrati nel non ringraziarlo. Voi desiderate qualche particolare, cara Coco, ve li darò dunque con piacere, perchè sono assai consolanti. Papà ha avuto una malattia di un mese circa, dal 29 maggio al 24 giugno ed è morto coi sacramenti: non ha potuto comunicarsi, perchè la sua malattia, alla fine, glie lo avrebbe impedito. Ma si era già confessato a Parigi prima di partire per Villegenis e non per la prima volta. Infine, il nostro cappellano mi ha detto che, quell’ultima volta, s’era confessato a lui con la semplicità d’un ragazzo che fa la sua prima comunione. Più tardi si abboccò col suo curato di campagna che gli diede l’assoluzione in articulo mortis. Ha ricevuto l’estrema unzione ventiquattro ore prima di spirare dal cardinale arcivescovo ch’era amico suo. Si direbbe, che il buon Dio l’abbia atteso, e ch’Egli abbia voluto togliercelo soltanto dopo che tutto fosse compiuto. Troppo lunga sarebbe la narrazione di tutti i particolari circa la maniera come ciò è avvenuto. E’ stata una cosa miracolosa: ne sono felicissima in mezzo al mio dolore. Da un certo tempo, papa aveva come infermiera, una suora del Buon Soccorso di Troyes che lo assisteva. Ed ella mi ha detto di essere stata edificata dalla sua rassegnazione.