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IL BUON CUORE 251


— Passate la notte in preghiera in questa Chiesa. Domani mi affiderete il progetto vostro che io mi incaricherò di far rimettere a Re Luigi; poi, se volete sinceramente salvarvi, mi giurerete che più nulla quaggiù avrà importanza per voi.

— Sì, padre mio, sì; quind’innanzi voi dirigerete la vita, la penitenza e persino il minimo pensiero dell’architetto Frantz....

— Silenzio, — interruppe il monaco — il vostro nome non vi appartiene più. Chiunque lo deve ignorare, io come gli altri: perchè questo nome è glorioso, ed un penitente non deve serbare più nessuna pompa terrestre. Frate Antonio, inginocchiatevi.

L’artista sospirò profondamente ed obbedì.

— Almeno, prima di allontanarvi, ditemi chi è il mio salvatore, insegnatemi qual nome io possa associare alle mie preghiere; poichè a lui io devo un bene che avevo perduto per sempre: la speranza della mia salute.

— Pregate per il Padre Tomaso d’Aquino, dell’Ordine di S. Domenico, — disse il monaco nell’allontanarsi.

(Continua).

Trad. di L. Meregalli.

BONTÀ

Straduccia oscura e solitaria
ove par che si limiti l’azzurro,
qual roseo sogno è nella tua aria
pendente tra il balcone tra il susurro?

Qual roseo mito a l’innalzar degl’occhi
pende tra i ferri del balcon severo?
quale incanto di fior pare trabocchi
e il ferro allenta in un feston leggero?

Più tu la strada che il tardivo raggio
rischiari, ghirlanda dal color di rosa,
e a le pupille del viandante, maggio
più tu richiami in tua favella ascosa.

Quale una dolce anima presa
dai suoi ricordi, infinita dolcezza
fuor dal cuor spande, che Iddio le rese,
in bontà ciò che diede in tenerezza,

e del suo mite accento altri rallegra
e si spande su cuori disprezzati,
tale quei fiori dalla casa negra
pendente, ed in ghirlande riversati.

Fernanda Zorda.



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La dolorosa e commovente istoria

di un granatiere “ boxeur „

Pietro Boine è un fervente amateur della boxe. Non lo spaventano le ammaccature, il sangue, nè i pugni ben dati nel cavo dell’occhio o sull’osso nasale; egli è forte — e per di più è granatiere — conosce bene la boxe, e la boxe è la sua passione. Appena egli lesse l’annunzio sui giornali e sui muri della capitale che presto vi sarebbero state delle gare del suo sport amatissimo, si mise in allenamento, già prevedendo che avrebbe dovuto presentarsi al ring.

Come abbiamo detto, egli è granatiere, di stanza a Roma, e perciò non essendo libero di fare ciò che più gli piacerebbe, cominciò il suo allenamento nelle camerate della caserma.

E cinque o sei giorni fa i suoi commilitoni ebbero il nuovo spettacolo di vedere il Boine che, all’improvviso, tralasciava di mangiare o di pulire la sciabola, andava a dare due o tre pugni contro il muro e poi ritornava pacificamente a mangiare mormorando: Ah, la boxe, la boxe!

Di notte, tanto per seguitare nell’allenamento scientificamente inteso, egli si esercitava caricando di pugni il cuscino ed il povero materasso.

Finalmente venne il gran giorno della prima grande gara: egli si fece dare il permesso serale e si recò, esultante, al Frattini.

Vide, ammirò, s’infiammò, si convinse che anch’egli poteva essere un grande boxeur, si crede già campione d’Italia, stava per sognare di diventare campione del mondo, quando, ad un tratto, una voce, proveniente dal palcoscenico, la voce di un boxeur autentico, arrivò sino a lui.

— Io, Martuin, campione di Francia, sfido alla boxe qualunque amateur e qualunque altro campione!

Ah, questo era troppo! Lo sfidavano anche, lui, il granatiere Boine? Pietro Boine è un buon ragazzo ma ha un po’ il sangue caldo e, non ascoltando che il consiglio della propria impetuosità, facendosi prima pallido e poi rosso, prima tremante e poi beato pel gesto compiuto, lanciò un tonantissimo:

— Io Pietro Boine, campione d’Italia, accetto la sfida. —

Oramai la frittata era fatta: era diventato un camp ione davvero — tutto il teatro lo aveva ammirato! — ma si era procurato il grattacapo di farsi rompere il viso.

Eppure bisognava andare sino in fondo: il guanto era lanciato; la bandiera dei granatieri doveva sventolare al vento orgogliosa del suo figlio che si lanciava all’arduo cimento: Boine avrebbe fatto il suo San Pietro col viso ammaccato, ma anche col cuore pieno di fierezza per aver difeso i colori d’Italia ed avrebbe mandato al paese natio i giornali in cui si parlerebbe della grande sfida, in cui si direbbero le sue gesta eroiche, da cui i giovani suoi compagni di età avrebbero imparato che Boine è ormai un grand’uomo.