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IL BUON CUORE 213


CASA DI RIPOSO PEI CIECHI VECCHI

OBLAZIONI.

Somma retro L. 7062 —

La famiglia Ferranti in segno di vivo rimpianto dell’avv. Carlo Davicini nel giorno trigesimo della sua morte, offre |||
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Totale L. 7112 —

Educazione ed Istruzione


NOTIZIE ROSMINIANE

Antonio RosminiLa costituente del regno dell’alta Italia. — Roma, tip. italo-irlandese, 1911.

È un libretto di un centinaio circa di pagine in-16, licenziato al pubblico di questi gorni in Roma e recante l’Imprimatur del maestro dei sacri palazzi. Un lavoro inedito? chiederà qualcuno. No: sono dodici articoli di giornale, scritti dal grande filosofo pel Risorgimento di Torino, la bellezza di 63 anni fa. In quel giornale, diretto, com’è noto, dal conte Camillo Benso di Cavour, allora non ancora celeberrimo, scrivevano Cesare Balbo ed altri valentuomini; e scrisse per un poco di tempo, per poco più di un mese, il Rosmini; il primo articolo infatti usci il i luglio, l’ultimo il 12 agosto 1848. Intenzione dell’autore era di proseguire la trattazione sino a venirne una operetta stante da sè; ma essendo egli stato chiamato repentinamente a Torino dal governo piemontese per una missione diplomatica che Carlo Alberto voleva affidargli presso Pio IX, dovette lasciare in tronco il suo lavoro e partire per Roma, donde non tornò che all’autunno dell’anno seguente.

Il perchè Rosmini prese a scrivere siffatti articoli risulta dal titolo, che volle loro dare: La costituente del regno dell’alta Italia. E qui fa d’uopo richiamare questo particolare storico, che, cioè, il 28 giugno 1848 la Camera dei deputati di Torino aveva votato una legge per l’unione al Piemonte della Lombardia e di alcune provincie venete; la quale unione era già stata votata dalle medesime provincie venete e lombarde. La legge votata dalla Camera di Torino accettava il voto di quelle provincie, che dovesero, cioè, formare cogli Stati sardi un solo regno, il regno dell’alta Italia, e stabiliva che si convocasse col suffragio universale una comune assemblea costituente, la quale stabilisse le basi e la forma di una nuova monarchia costituzionale, con la dinastia di Savoia. In questo momento storico ebbe a pubblicare questi dodici articoli il Rosmini; il quale quindi si propose di preparare le menti e gli uomini a concepire e a stabilire una costituzione tale che garantisse tutti i diritti dei sudditi, che impedisse qualunque ingiustizia, sia da parte della stessa società civile, sia da par te del governo, sia da quella della forma del governo, sia infine dall’arbitrio dei magistrati. Nobilissimo intento, che il Rosmini si riprometteva che
in Italia si sarebbe potuto conseguire, qualora si fossero gli italiani astenuti dal copiare le costituzioni varie, tutte frutto dell’astrazione, chè si diede la Francia dalla grande rivoluzione in poi.

Il Rosmini, che allora contava 51 anni ed era celebre già come filosofo di alta speculazione, si era occupato anche di politica in altri lavori, nei quali, come in questi articoli, brilla la profondità dell’osservatore, il senno dell’uomo, il grande suo amore per la patria italiana, per la Chiesa. Anche da questi articoli di giornale del grand’uomo c’è ancora da imparare e quanto!

P. Zambruni.

Significante questa pubblicazione rosminiana coll'Imprimatur del Maestro dei Sacri Palazzi, e importante il fatto di un’adunanza imponente di maestri nell’aula accademica del Collegio Rosmini in Domodossola per discutere intorno alla recente legge redatta da S. E. l’on. Credaro.

Personaggio d’occasione fu l’on. Meda, già direttore dell’Osservatore Cattolico ed ora direttore dell’Unione e deputato al Parlamento Nazionale.

Sul palco presero posto il cav. Bertina, benemerito presidente della sezione vigezzina (il quale rappresentava anche il presidente onorario cav. Biraghi Lossetti sindaco di Vogogna), il delegato della presidenza centrale, consigliere Vaccarino, il maestro Gabetta di Pavia, il sottoprefetto cav. Ruffini e l’on. Meda.

L’on. Falcioni, deputato del collegio, invitato, mandò una cortese lettera per spiegare la sua assenza.

Il maestro Gabetta fece un’ampia illustrazione della legge Credaro, segnando la via pratica per trarne il maggiore profitto, e indicandone i difetti e le manchevolezze; indi, dopo un saluto del maestro Baroli, presidente della sezione di Novara, ebbe la parola, accolto da vivi applausi, l’on. Meda, il quale trattò l’arduo problema da par suo.

Dall’Unione togliamo l’ultima parte dello splendido discorso dell’on. deputato cattolico:

«Ed eccoci al terzo lato del problema scolastico, il problema morale. Qui l’oratore non si diffonderà molto: parlando a maestri cristiani, egli sa quanto in essi sia vivo il senso della loro dignità, sa com’essi, qualunque sia l’ordinamento amministrativo, qualunque sia la cassa che paga i loro stipendi, non si considerino dei semplici funzionari, ma dei veri e propri missionari; infatti non è esagerazione il dire che dall’indirizzo della scuola primaria dipendono per buona parte le sorti del paese. Il principio al quale si connette la missione del maestro è uno solo: la scuola deve istruire, ma insieme, e prima anzi, educare; ed educare non si può senza un solido fondamento, e tale fondamento non può per noi essere se non la religione, intesa come somma delle dottrine e delle discipline che assegnano all’uomo un fine trascendente i confini della vita mortale.

«L’on. Meda, svolgendo rapidamente questo spunto, nota come la questione non si raccolga solo nella esistenza di un vero e proprio insegnamento catechistico;