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204 IL BUON CUORE


tutto governa, chiudendo infine il suo inno con quella dolce laude a nostra Sora Morte corporale a che unisce un concetto altamente morale a una forma vivamente poetica.

E quando intorno a Lui aumenta la dolce spirituale famiglia di fratelli e discepoli, nuovo gioiello dell’arte francescana abbiamo i «Fioretti», che son così primitivi e così dolci, come deve essere stato nell’infanzia della terra, il conversare degli Angeli. Accresce singolarmente gentilezza ai suoi canti e ai suoi dettati, il fatto che l’ispirazione di S. Francesco, procede da quella sua misera condizione così spoglia d’ogni più elementare cosa, e pur così confidente!

Ma perch’io non proceda troppo chiuso

Francesco e Povertà, per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.

La lor concordia e i lor lieti sembianti
amore e meraviglia e dolce sguardo,
facean esser cagion de’ pensier santi.

E fu così alta la fiamma chiusa i quell’umile suo corpo, che il nostro pensiero corre a inebriarsi a quelle chiari fonti come anime sizienti alle mistiche rive, come per cercar nuova tempra di soavità e di purezza, come a colui che lieto, di se stesso giovinilmente canta:

E voi mi domandate in cortesia

chi fu delli miei versi lo maestro;
io l’ho dentro nel cor la poesia

e canto quello che mi detta l’estro.

Fernanda Zorda.

LE SIGNORE E IL DUELLO

L’unione delle signore antiduelliste romane tenuta giorni sono per invito della loro presidente, duchessa Massimo Doria Pamphili, in presenza del capo della Lega italiana contro il duello, senatore Vittorio Scialoia, non solo risponde alla necessità di preoccuparsi di fatti recentissimi, ma continua e promette di avvivare fra noi quel moto antiduellista della donna, che sorto dapprima in Galizia, ha preso larghissimo sviluppo non là solamente, ma in Austria, in Ungheria, in Spagna e ha dato lieti saggi di sè anche in Italia, sull’esempio delle signore milanesi.

Quando, due anni addietro, circa tremila signore italiane presentarono un albo d’onore a tre ministri benemeriti della lotta contro il duello, esse mostrarono d’intendere a fondo le parole che addì 25 gennaio 19o5 il fondatore della Lega internazionale, principe Alfonso di Borbone, scriveva all’iniziatrice polacca del moto femminile, principessa Czartoryska.

«In poche occasioni l’onnipotenza della donna potrà esercitarsi con maggior successo, che nella lotta contro il duello, e certo poche donne la giudicheranno non degna del loro appoggio. Tutto il cuore della donna deve rivoltarsi contro l’uso barbaro che crudelmente infierisce facendo tante vittime, e tutta la sua intelligenza protesterà dinanzi ad un simile non senso che
si commette spesso in nome di lei, profanando ciò che la donna ha di più bello. Con grandissima gioia vedo realizzarsi una speranza che carezzai fin da quattr’anni fa iniziando la mia opera. Da allora non cessai di raccomandare che si guadagnasse alla nostra causa la donna.»

V’è stato bensì qualche supt rficiale che ha detto: «ma che hanno a fare le donne col duello?» Non badava che esse c’entrano più di quel che si crede. Certo non siamo più nell’antica Boemia in cui le donne si battevano anche contro gli uomini; nè in Francia, sotto Luigi XIV, in cui una signora uccise tre uomini.

Non siamo più sotto Luigi XV, quando Madame de Nesle e la contessa di Polignac si batterono per i begli occhi del duca di Richelieu, e per ragioni simili la cantante Beaumeuil scese sul terreno con la ballerina Théodore. Non siamo nemmeno nell’America contemporanea, ove recentemente Marta Duran e Janna Luna si disputarono colle armi lo sposo. Queste, in tutti i tempi considerate per lo meno come eccentricità, hanno cessato da un pezzo in Europa.

Ma le donne influiscono ancora, e come, nel duello degli uomini! Alcune influiscono personalmente e direttamente. E queste, cioè le donne cagione del litigio sorto tra due uomini, dovrebbero accorgersi della triste speculazione che fanno, del caro prezzo con cui pagano la loro responsabilità. I codici cavallereschi definiscono privilegio per la donna quello di poter essere vendicata dalle armi altrui; ma una simile protezione vendicatrice danneggia precisamente l’onore di lei.

Tutti sappiamo infatti come si parla di una donna quando qualcuno si sia battuto per lei.

Apparisca infatti nelle vertenze d’onore la presenza misteriosa d’una donna colpevole, o la presenza aperta d’una donna senza colpa, in tutti e due i casi è dessa la vittima vera.

Se colpevole, il suo nome dovrebbe in ogni modo rimanere nascosto. Nell’obbligo di usarle questo supremo riguardo si trovano d’accordo la carità cristiana e in teoria la cavalleria moderna.

Ma il duello che fa? Ferma l’attenzione pubblica precisamente su questo segreto: ne accresce la curiosità e le dà un modo di mettersi sulla via di scoprirlo: in una parola fa sì che il a motivo delicatissimo a diventi pascolo del mondo intero. Il giorno prima del duello tutti ignoravano forse chi fosse la donna per la quale esso è avvenuto, o tutt’al più la si conosceva in un piccolissimo crocchio e in una sola città. Il giorno dopo, tutti i lettori di giornali si fanno questa domanda: «Chi sarà mai?» E dovunque ci sono uomini perseveranti nel voler sapere le cose che si dovrebbero ignorare, i quali uomini si trovano purtroppo dappertutto ed in folla, si viene a conoscere per filo e per segno, ciò che bisognava tener celato, ciò che i due combattenti stessi avrebbero voluto che non si risapesse da anima viva.

Lo scontro sul terreno, questa decantata panacea mondana, ha prodotto dunque una bellissima cosa: ha guastato irrimediabilmente davanti al mondo ciò che si sarebbe senza dubbio salvato se non si fosse fatto