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130 | IL BUON CUORE |
«Quel salotto, dice Fernand Laudet, era sopratutto un centro d’amici ed un ritrovo di conversazioni. Esso aveva una fisionomia particolare in quanto riuniva persone diversissime tra loro, e per virtù e per ingegno, ma che recavan tutte nelle loro concezioni religiose qualche cosa del loro liberalismo semplice e senza alcuna bigotteria.»
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Ma una pagina, gloriosa negli annali del cattolicismo francese, è legata al nome di lei, quella che narra la lotta eroica sostenuta per la conquista della libertà dell’insegnamento. La signora Swetchine ne fu l’ispiratrice tenace. Il suo biografo ne ha narrata la genesi così:
«Quando scoppiò la rivoluzione di luglio, ella, che era legittimista, se ne attristò; ma spirito presago, guardò gli avvenimenti in faccia: previde la potenza che avrebbero assunto le classi inferiori e l’interesse che il clero avrebbe avuto nel cercare il suo punto d’appoggio nel diritto comune e non più nei favori del governo. In tal senso ella incoraggiò e diresse i suoi due grandi amici Montalembert e Lacordaire e tutti quelli che appartenevano alla loro scuola.»
Quale sia stato l’esito della meravigliosa attività spiegata da quei due figli spirituali della signora Swetchine, è noto. Nel 1830 il clero francese pareva vinto; nel 1848, allo scoppiare della nuova rivoluzione, la sua condotta risoluta ed indipendente di fronte alla monarchia orleanista lo aveva circondato di tanta popolarità che un prete e un crocefisso potettero precedere il primo corteo popolare che si recava al palazzo municipale a proclamare il trionfo della repubblica.... e Lacordaire, in abito di domenicano, potette dall’alto degli scalini di Palazzo Borbone, il giorno dell’apertura dell’Assemblea nazionale, benedire alla folla raccolta in nome di Cristo.... Due anni dopo la legge, che assicurava la libertà d’insegnamento alle intelligenze, veniva solennemente promulgata.
Uno degli effetti di quella collaborazione, sconosciuta al gran pubblico, fu la pura amicizia che unì, sino alla morte, la signora Swetchine a Lacordaire. L’epistolario che ne ha immortalato il ricordo, permette d’intendere tutto il valore dell’influenza, esercitata dalla donna generosa, che il suo biografo tratteggia cosi: «Ella nonLa signora Swetchine mori il 9 settembre 1857; suo marito, vissuto accanto a lei, nell’ombra, era scomparso cinque anni prima. Secondo le sue ultime volontà, il suo corpo fu sepolto in un piccolo cimitero di campagna ad uno dei confini di Parigi, all’ombra della chiesa di San Pietro di Montmartre, nella tomba ch’ella s’era fatta costruire, quando era ancora in vita.
Colà, riposa, in alto, oltre il tumulto della città babilonica, nel piccolo canto della necropoli deserta, abbandonata, dal suolo lastricato di quadrelli spezzati, e di frammenti di pietre sepolcrali, cadute in rovina. Due blocchi di granito, protetti da una balaustrata di ferro irruginito, indicano il luogo dove riposano la signora Swetchine e suo marito. Vi si leggono ancora l’epigrafe del generale, ma quella della signora Swetchine, cancellata dal tempo, è indecifrabile. Ma il culto per la memoria di lei dura ancora; ancora si sgranano, infatti, sulla sua tomba le perle delle corone che, da mezzo secolo, delle anime sconosciute vengono a deporvi; ancora mani ignote fan piovere sulla fredda pietra le corolle multicolori....
Domenico Russo.
ROMA NEL 1871 |
IMPRESSIONI DI VIAGGIO |