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IL BUON CUORE 127


Per far nascere e far vivere codesta mentalità, bisogna anzitutto rifare il nostro insegnamento primario e post-scolastico, che è il primo mezzo d’iniziamento agricolo per le giovani generazioni, e insieme il mezzo più potente. Non sarebbe logico pretendere che si trasformino le nostre scuole primarie in scuole d’agricoltura e vi si impartisca un insegnamento agricolo tecnico. Codesto sarebbe troppo difficile per l’intelligenza del fanciullo, e lo disgusterebbe invece di attrarlo.

Il maestro non deve insegnare a’ fanciulli l’agricoltura pratica, ma deve preparare il loro spirito e la loro intelligenza per la futura professione, insinuando loro i principi generali e facili, che permetteranno loro di conoscere più tardi la scienza e la pratica agricola, e sopratutto sforzandosi d’interessarli alle cose della terra suscitando in loro il gusto e l’amore per esse.

Invece d’insegnare a’ piccoli contadinotti gli elementi di tutte le scienze, che, non avendo alcun rapporto colla professione agricola, possono far prendere loro la terra in uggia o in oblio, il maestro dovrebbe, senza trascurare la formazione del fanciullo per quel che dicesi cultura generale, dar a’ suoi allievi, secondo il voto del Méline, una mentalità rurale. Tutto dovrebbe, nell’insegnamento rurale primario, convergere verso la formazione di codesta mentalità. E all’attuale certificato di studi si potrebbe sostituire assai utilmente un certificato di studi rurali. Non si tratterebbe punto di fare, d’ogni allievo, un ingegnere agronomo, ma semplicemente un iniziato. Il giardino scolastico sarebbe una cattedra suggestiva per la lezione delle cose rurali.

Molti emigranti sono vittime di un’illusione; essi abbandonano il suolo natio, credendo di vivere più felici altrove. Perchè non istruire i nostri giovani contadini sui pericoli e le miserie della vita urbana, come li si istruisce sugli scempi dell’alcoolismo? Se pure di codesto insegnamento non rimanesse, nello spirito del fanciullo, che una vaga prevenzione, una suggestione confusa, si sarebbe già ottenuto un benefizio considerevole.

Tocca agli amici dell’agricoltura, agli uomini illuminati che possono fare il paragone fra l’esistenza in città e in campagna, di mostrare agli agricoltori, che li s’inganna, quando si cerca di persuaderli che il paradiso e in città. Ahimè! il paradiso diventa troppo spesso un inferno.... Quel che si deve dire altresì loro si è che oggidì siamo in un’epoca in cui la situazione dell’agricoltura si migliora tutti i giorni, mentre la condizione dell’operaio urbano e de’ piccoli impiegati va facendosi sempre più precaria e penosa.

Così inteso, l’insegnamento agricolo primario non è una nomenclatura arida di formule inanimate, di nozioni scientifiche indigeste, è una lezione di cose, vivente e attraente, che istruisce il fanciullo e lo diverte, stuzzicando la sua curiosità, e che, insensibilmente fa germogliare in lui l’amore per l’agricoltura. La botanica, la chimica, la mineralogia elementare, la zoologia stessa, messe così alla portata de’ fanciulli con l’applicazione alle cose che essi vedono tutti i giorni e in mezzo alle quali vivono, saranno per essi delle vere ricreazioni.

A lato di codesto insegnamento diretto, vi è quello
che può dirsi indiretto,, che non è forse meno importante e che permetterebbe di far profittare l’agricoltura di tutte le altre branche d’insegnamento. Basterebbe, per codesto, fare l’applicazione alle cose agricole di tutto quanto s’insegna al fanciullo e vi si può riattaccare. Le letture e i dettati, per es., potrebbero riferirsi ai lavori agrari, presentandoli sotto il loro aspetto più interessante e seducente. I problemi potrebbero riferirsi alla contabilità agricola; e così via.

Tutto codesto programma dimostra una cosa, che l’opera di istruzione professionale agricola non può attuarsi, per la sua prima parte, senza il concorso intelligente della Minerva e dell’attuale o futuro ministro della pubblica istruzione. Possiamo sperarlo? Ai posteri...

Ma, si osserva: tutto quanto voi dite, sta bene: ma il vostro programma costituisce, insomma, un pre-tirocinio, che sarebbe rappresentato dalla mentalità rurale. Ma basterà codesto?

Rispondiamo all’obbiezione, osservando che, anzitutto, parlando dell’istruzione primaria rurale, noi l’abbiamo indicata come la prima parte dell’opera d’istruzione professionale agricola, il preludio, direi così in termine musicale.

D’altra parte bisogna osservare che, se nell’industria il pre-tirocinio è ben lungi dal bastare all’operaio, nell’agricoltura può, a rigore, soddisfare ai bisogni essenziali della mentalità del contadino. Il fanciullo delle campagne ha sotto gli occhi, tutti i giorni, e tutto il giorno, le scene della vita agricola: egli abita nel laboratorio rurale e non esce mai dall’ambiente dove si operano le trasformazioni annuali e periodiche dei prodotti dei campi. Egli compie un vero tirocinio dai suoi primi anni, e, ancora fanciullo, prende già parte ai lavori famigliari. Egli presenta adunque una superiorità ben netta sul fanciullo destinato a diventar operaio nelle fabbriche.

(Continua). Paolo Cesare Rinaudo.

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