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114 IL BUON CUORE


vemente le passate vicende del nostro sodalizio e ne riassuma le finalità: ciò varrà a farlo meglio conoscere ed apprezzare; e chissà che le mie povere parole non abbiano a procurarci la benevolenza di qualche anima gentile che per avventura ci avesse fino ad oggi ignorati.

Nei primi anni che seguirono la fondazione del laboratorio Zirotti (così chiamato dal nome del rimpianto medico che morendo legò all’Istituto dei Ciechi una cospicua somma all’uopo), fondazione destinata a dar lavoro ai Ciechi adulti che non avessero potuto applicarsi agli studi durante l’infanzia, o che non fossero riusciti a ritrarre profitto dagli studi fatti, l’amministrazione dell’opera doveva procedere con molta cautela per non esporsi al rischio di passività troppo gravi, e non poteva quindi largheggiare cogli operai, come sarebbe stato desiderabile. Essi alla loro volta, data la limitazione del loro salario, si trovavano nell’impossibilità di fare il benchè minimo risparmio pei casi di forzato impedimento al lavoro. Tale stato di cose fece sorgere negli operai del laboratorio l’idea di associarsi, per integrare il mutuo soccorso col minor sacrificio possibile, prendendo per base i criteri che informano le società ordinarie di mutuo soccorso; e così, verso il 1897 sorse l’Associazione fra i Ciechi del laboratorio Zirotti. Senonchè, non consentendo il numero troppo limitato de’ suoi membri di realizzare entrate adeguate ai bisogni, o mancando la maggior parte dei soci dell’esperienza necessaria al regolare funzionamento del sodalizio, dopo qualche anno, passato tra le difficoltà e le incertezze, essa dovette sciogliersi.

Ma il seme era gettato e non doveva andar disperso. Un membro della piccola società disciolta, l’operaio cieco Pietro Mantelli, facendo tesoro delle inesperienze che avevano fatto fallire il primo tentativo, andava maturando in cuor suo un disegno più completo e ardito. « Perchè » pensava egli « limitare il mutuo soccorso ai Ciechi del laboratorio Zirotti e non farne invece fruire tutti i Ciechi e i semi-ciechi della città? e perchè limitarsi al mutuo soccorso, mentre alla nostra classe urgono tanti altri provvedimenti di ordine morale, intellettuale ed economico che ne migliorino le condizioni? » E con l’entusiasmo che dà la gioventù e la coscienza di compiere un’azione redentrice, colla parola calda, persuasiva, insistente, egli riuscì a convincere tutti i suoi compagni di lavoro della necessità di ritentar la prova su basi più salde e più estese. Ed ecco che il 22 gennaio 1903 un manipolo di una ventina di Ciechi, riuniti e presieduti da un insigne Parlamentare, proclamava costituita la prima « Società di mutuo soccorso fra i ciechi » che sia mai sorta in Italia.

Fra i criteri capisaldi a cui il Mantelli volle s’informasse la nascente società, merita particolare attenzione questo, ch’essa dovesse esser diretta ed amministrata esclusivamente da Ciechi, e ciò per due ragioni principali: cioè perchè, avendo essi piena e precisa conoscenza dei loro bisogni, sono in grado d’indicarli ai loro generosi protettori veggenti; e possono altresì suggerire ad essi i mezzi più atti a provvedervi quando
non abbiano la possibilità di provvedere da sè medesimi; e poi per provare al pubblico che i Ciechi intelligenti sono capaci di regolare da sè le proprie faccende al pari dei veggenti intelligenti, protestando così implicitamente contro la legge (oggimai un vero anacronismo), che ci dichiara inabili.

I primi anni di vita del minuscolo sodalizio non furono certamente sparsi di rose: anche questa volta non mancarono le inesperienze di tattica e le esuberanze di propositi, perdonabili conseguenze dell’ardore giovanile; e a ciò bisogna aggiungere che non tutti i Ciechi si resero subito conto del bene derivante dallo spirito di associazione, e non risposero compatti all’appello, come avremmo sperato. Ma le inesperienze e le esuberanze furono tosto avvisate; lo Statuto primitivo venne ripetutamente modificato, alleggerito, e finalmente limitato a ciò che può essere veramente pratico e non superiore ai nostri mezzi. Fu nostra cura mantenerci sempre nei più cordiali rapporti con questo Istituto dei Ciechi, di cui il nostro sodalizio può dirsi una ramificazione; e di ciò non possiamo che lodarci, poichè, tanto da parte dell’Onorevole Consiglio d’amministrazione quanto da parte del Benemerito Rettore, di tutto il corpo insegnante, noi ricevemmo sempre in ogni occasione le più lusinghiere dimostrazioni di simpatia; e valga per tutte a provarlo il presente trattenimento, alla riuscita del quale tutti qui indistintamente gareggiarono per noi d’impegno e di gentilezza.

Dopo i primi esperimenti di vita sociale, dovemmo accorgerci che, ad onta della nostra costanza e del nostro buon volere, le nostre sole forze non bastavano a farci prosperare; pensammo allora di ricorrere ad un mezzo che a Milano non ha mai fallito. Dobbiamo metterci a contatto coi veggenti, abbiamo detto, e renderceli amici. Chiediamo loro qualche cosa, il meno che sia possibile, ed in compenso invitiamoli a venire da noi, ad ascoltarci, a studiarci, a conoscere i nostri bisogni. Ed ecco così create le diverse categorie di soci veggenti, cioè contribuenti a una Lira all’anno, onorari, perpetui, con diritto per tutti d’intervenire alle assemblee, restando tuttavia fermo il principio della gestione sociale affidata ai Ciechi. Tale espediente, mercè lo zelo e l’attività di alcuni soci volonterosi, valse a rialzare alquanto le condizioni economiche del sodalizio, e oggi abbiamo ragione di ritenere scongiurato il pericolo di morire di anemia. A tutt’oggi il numero dei soci si eleva a 225, così ripartiti: Effettivi 30, Contribuenti 157, Onorari 36, Perpetui 2. E speriamo che i nostri fratelli di sventura che ancora non fanno parte dell’Associazione si risolvano ormai a vincere le ritrosìe, a togliersi dall’isolamento, per unirsi a noi affine di accrescere le forze comuni e di cooperare a vantaggio di tutti.

Fra i benefici che ricevemmo dalla filantropia pubblica e privata ci piace ricordare che il Comune di Milano volle più d’una volta annoverare anche la nostra Società fra quelle a cui suol fare una elargizione annuale nella ricorrenza dello Statuto; e ricorderemo inoltre con particolare gratitudine la munifica elargizione di lire mille, fattaci dagli eredi del rimpianto