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100 IL BUON CUORE


cipessa Mafalda costituiscono sempre un avvenimento nel mondo elegante — ma debbono anche dire quale abito, quale cappello, quale pelliccia, quali fiori, veri o finti, portavano le singole signore e signorine.

E siccome questa rubrica è indubbiamente la più letta, voi capite che una signora che ha delle signorine da marito, non può senza rovinare la reputazione finanziaria delle sue tenere palombelle, esporsi al rischio che il giornale due volte di seguito dica che esse avevano lo stesso abito. Le care amiche non mancherebbero di farlo notare ai possibili pretendenti....

E siccome, per quanto siamo in Argentina, non si è ancora giunti a ottenere la concessione di tenere in casa una zecca, e i proventi ordinari non sempre bastano a far fronte a tutte queste spese, bisogna bene.... tentare la fortuna.

Ed ecco una lotteria, o per meglio dire, le lotterie, che vi spillano il resto dei vostri denari, col pretesto plausibile di farvi guadagnare il famoso milione del Natale, ossia 2,222,000 lire di moneta nostra, nonchè altri premi minori.

(Continua).


Giuseppe Serralunga-Langhi.


LA BALIA DELL’IMPERATORE

Sissignori. Anche la balia dell’«uom fatale» ha oggi la sua storia. Tutte o quasi tutte le figure che popolarono la solitaria casa d’Aiaccio han ricevuto l’una dopo l’altra gli onori della biografia, sin anco le domestiche della signora Letizia, sin anca la Caterina, testarda e brontolona, che insegnò al vincitore di Arcole a porre per la prima volta un piede innanzi all’altro, sin anco la dolce e pia Maria Saveria che gli insegnò a cavalcare sull’asino e che seguì poi la corsa Niobe sino all’estrema vecchiaia.

Ora ecco uno storico insigne, membro dell’Istituto di Francia, Arturo Chuquet, ha frugato gli archivi per illuminare quest’altra figura, la balia, che nutrì, dalla culla, Napoleone.

Si chiamava Camilla Ilari. Fuggito d’Egitto e desideroso d’aver notizie del continente, Napoleone entrava il 1.º ottobre 1799 nel porto d’Aiaccio. Le navicelle degli isolani, avvertite del suo arrivo, circondavano con manifestazione di gioia la sua fregata ed egli potè scorgere in mezzo alla folla una vecchia, vestita di nero che levava gli occhi verso di lui e gli gridava: «Caro figlio». Egli rispose: «Mamma». E la folla applaudì. Napoleone sbarcò: Camilla gli porse una bottiglia di latte, dicendo: «Figlio mio, vi ho dato il latte del mio cuore: ora non potrei offrirvi che quello della mia capra». E Napoleone le promise una pensione.

Il pennello di David ha immortalato in un quadro famoso i tratti di Camilla: ella si trovava a Parigi il giorno dell’incoronazione solenne dell’Imperatore. Vi era giunta attratta non soltanto dalla solennità, ma anche per esporre al sovrano i suoi lamenti pel ritardo del pagamento promessogli della sua pensione. Nella
diligenza che la trasportò da Lione a Parigi, ella ebbe per compagno di viaggio un magistrato, Magloire Olivier, il quale più tardi enumerando in una supplica i suoi diritti per una decorazione, si vantava di aver parlato italiano con la balia del «grande imperatore» d’aver avuto per lei «tutte le cure, le gentilezze e le attenzioni particolari che si possono avere per la dama più interessante». A Parigi ella abitò in casa di un nipote di suo marito, al quale l’ospitalità concessa doveva fruttare, giorni dopo, il posto di esattore delle imposte a Beaucaire. Alle Tuileries Napoleone ricevette la balia con la più grande cordialità, l’abbracciò ed ella pianse di gioia. Il ciambellano che fu incaricato di provvedere ai suoi bisogni assicura che Camilla Ilari passò tre mesi di vita parigina, in uno stato di estasi. Napoleone la riceveva frequentemente, egli ascoltava giulivo certe storielle ch’ella gli raccontava nel suo dialetto còrso con una mimica vivace ed animata. La presentò egli stesso al Papa, a Giuseppina, a tutta la famiglia imperiale. Giuseppina le diede dei diamanti e Pio VII le concesse un’udienza, che durò un’ora e mezzo.

Tornata in Corsica, Camilla Ilari potè menar vanto dei regali ricevuti. Napoleone l’aveva colmata di quattrini: diecimila franchi in tre mesi, e le aveva assegnato una pensione annua di 4.600 franchi. E le aveva poi donato degl’immobili. Ella era divenuta, così, proprietaria di una casa situata ad Aiaccio, nel centro della città, di due vigne nel territorio di Vitulo, di due poderi infine nel territorio detto di Baciocchi, il più piccolo dei quali fruttava una rendita, la quale, secondo i calcoli dell’Imperatore, doveva bastare alle spese d’un viaggio a Parigi.

Ma Camilla non fu sola a goder dei favori dell’imperatore. Ella aveva un figlio, Ignazio, ed una figlia, Giovanna. L’uno e l’altra avevano giuocato con Napoleone. Ignazio Ilari non era più in Corsica quando Napoleone iniziò la sua ascenzione. Aveva preso parte per gl’inglesi che gli avevano affidato il comando d’una nave. E mai volle abbassarsi a sollecitar la minima grazia del suo antico compagno. Giovanna, la sorella di latte dello Imperatore dei francesi, si mostrò meno selvaggia. Già quando il vincitore futuro di Austerlitz, era venuto in autunno a passare in Corsica le sue vacanze di tenente d’artiglieria, aveva tenuto alla fonte battesimale la bambina di Giovanna. Questa figlioccia di Napoleone si chiamava Faustina. Ella aveva sposato nel 1808, il capitano dei cacciatori còrsi don Bernardo Poli di Solaro. Ed un giorno che Camilla Ilari ebbe delle noie, pei suoi due poderi, col fisco, Faustina si recò a Parigi per perorare la causa della nonna. A stento ebbe un’udienza dal padrino imperiale: ma una volta ammessa in sua presenza, seppe cavar da lui tutto quello che volle. Era vaga, piena di brio; ed alle Tuilieres, in piena Corte, davanti all’Imperatrice, Napoleone, prendendo Faustina per la mano, esclamava: «Ecco la mia figlioccia, signore: dite ora che le donne di Corsica non sono gentili!»

Faustina non andò via da Parigi senza portar con lei un gruzzolo di diecimila lire in oro, uscite dalla