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IL BUON CUORE 99


La réclame non solo invade tutti i giornali e li fa vivere, ma permette l’esistenza di giornali come la Prensa e la Nacion che hanno 36 0 48 facciate delle quali 24 almeno sono riservate alla reclame. Da qualche tempo quei due magni giornali si pubblicano in due sezioni distinte: quella riservata esclusivamente alla réclame e quella molto più piccola riservata alle notizie politiche ed alla cronaca.

E sapete quanto ricavano questi giornali dalla loro réclame che essi eserciscono per proprio conto, senza passare sotto le forche caudine di nessuna agenzia di pubblicità? Qualche cosa come quattro o cinque milioni di pesos all’anno — ossia una diecina di milioni all’anno. Il che spiega molto bene le spese colossali che questi giornali incontrano non solo nella loro compilazione, ma nella loro sede, nei premi che danno, nei numeri straordinari, ecc.

La Prensa ha la sua sede in un palazzo di sei piani, senza contare una torre altissima sormontata da un faro elettrico che si vede da tutti i punti della città: un palazzo sontuosissimo, sull’Avenida de Mayo, dove hanno sede tutti gli uffici con una larghezza di locali da far pensare più che a sale di redazione a uffici di ministeri, e dove oltre a saloni per conferenze, audizioni musicali, ecc. ci sono pure degli splendidi appartamenti che il giornale riserva ai suoi più cospicui visitatori.

Puccini fu ospite della Prensa quando fu a Buenos Ayres, e come lui altre celebrità, e credo che nessun albergo gli abbia offerto il comfort che trovò in quell’appartamento principesco.

La Nacion pel centenario fece una pubblicazione d’occasione, distribuita gratuitamente a tutti i suoi abbonati, che costituì in fatto di giornalismo un vero tour de force. Pubblicò cioè un volume di oltre mille pagine, di grande formato, dove la vita dell’Argentina era illustrata sotto tutti i suoi aspetti dalle penne di tutto il mondo, con profusione di incisioni, di carte, di piani, da degradarne qualunque pubblicazione ufficiale.

Per poco che quella pubblicazione sia costata alla Nacion non deve esserle costata meno di 250 mila pesos.

Miracoli della réclame che è una delle pompe che aspirano dalle tasche del pubblico maggior quantità di denaro.

Eppure come rende!

Un giorno è saltato in capo a un tizio che si chiamò per l’occasione Père Sauveur (l’etichetta francese giova sempre in Argentina!) di mettere in vendita un suo specifico destinato a guarir tutti i mali. Fece fare un cliché dove era rappresentato in abito talare nell’atto di cogliere nel suo giardino delle erbe: diede al suo specifico il nome cabalistico per chi non sa di latino, di Sufficit, e tutto quello che aveva, spese in réclame.

Oggi, dopo due anni, si è accumulato una fortuna. Il Sufficit di Père Sauveur è diventato indispensabile a tutti. Come è diventato indispensabile a tutti il nostro vermouth, sia di Cinzano, sia di Rossi, sia di Carpanetto, sia di chiunque si voglia e purchè venga da Torino, ormai è diventato un ingrediente indispensabile nella vita di ogni argentino. Non lo si chiama vermouth,
lo si chiama puramente e semplicemente Torino, per distinguerlo da certi vermouth francesi che invano tentano di rubarci un monopolio conquistato a forza di réclame e anche di bontà.

Non c’è giornale che non rechi la réclame di questo nostro prodotto, come non c’è facciata di drogheria, di fonda, di almacen, tanto in città che nel campo che non sia coperta da un gran cartellone vistoso celebrante le qualità superlative del Cinzano o del Rossi.

Dicono che il cav. Ferro, rappresentante in Buenos Ayres del Cinzano, spenda ogni anno oltre mezzo milione di pesos in réclame.

Ma il denaro speso così rende. Ma quanto altro denaro si spende in Argentina che non rende, e costituisce una continua sottrazione di sangue al corpo non ancora robustissimo di questo paese!

Le corse dei cavalli — carreras — e le lotterie, sono pozzi senza fondo dove il denaro argentino sparisce a torrenti senza che il paese ne risenta la menoma utilità.

La malattia del giuoco delle corse ha assunto in questi ultimi tempi proporzioni così allarmanti, che la municipalità prima, il Congresso poi votarono ordinanze e leggi intese a limitare ai soli giorni festivi le corse di cavalli all’Ippodromo.

E parecchie banche e case di commercio giunsero a disporre che poteva essere senz’altro licenziato quel loro impiegato che fosse sorpreso alle corse.

Ma sì, va a frenare una passione che è ormai radicata tanto nel sangue argentino, da diventare una vera e propria istituzione nazionale!

Non solo ci vanno tutti, dico tutti i privati, ma all’Ippodromo ci vanno tutte le persone aventi un qualsiasi carattere pubblico, a cominciare dal Presidente della Repubblica all’ultimo impiegato di ministero, non solo per proprio conto, ma altresì per accompagnarvi qualunque ospite più o meno illustre che capiti in Argentina.

Il Jokey Club che ha l’appalto delle corse, e che sulle somme giuocate percepisce un tanto per cento, incassa ogni anno cifre favolose che gli permettono non solo di avere una sede principesca, ma di distribuire ai propri soci, in ragione delle azioni da loro possedute qualche cosa come il 2000 0 3000 per cento.

Le corse sono anche per un altro verso uno dei capitoli più onerosi nel bilancio di ogni argentino: ciò che non spendono gli uomini in scommesse, lo spendono le relative metà in toilettes.

Una signora argentina che si rispetti, non porta due volte lo stesso abito nel pésage dell’Ippodromo. E siccome le corse durano tutto l’anno, e per quattro, cinque giorni la settimana, il conto è presto fatto di ciò che spendono le belle — e anche le brutte e forse più queste che quelle — signore argentine per figurare degnamente in quel quadro incantatore.

C’è poi un altro motivo per spendere in toilettes. La cronaca dei giornali argentini scende a minutaglie che noi ignoriamo. Un giornale ben fatto non deve solo dare il nome di tutte le signore intervenute a una corsa, a una serata al teatro, a un concerto, a un matrimonio, alla partenza di un piroscafo — le partenze della Prin-