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IL BUON CUORE 83


Il ricovero dei vecchi

«Alle piccole Suore».


È tutto sole il piccolo giardino
che allegra la silente, pia dimora.
Alcune vecchie fanno capolino
dal portico: la madre superiora
a uscir le invita. Col bastone a lato
lente sen vanno sopra il verde prato.


Due suore dalla cerca son tornate.
Quante scale han salito! Nel mercato
furon offese, furon dileggiate
ma dentro casa intanto han riportato
due sacca colme d’ogni bene,
e nessuno saprà con quali pene!


Nel piccolo boschetto che ristoro
darà colla sua ombra nell’estate,
stan tre vecchi a potare un solo alloro.
Il legno è duro e le forze stremate:
dalle tremule man scivola l’ascia
e i tre vecchi sospirano d’ambascia.


Attraversa il giardin agile e presta,
giovin novizia: una serena luce
avvolge la sua bella e nobil testa:
speme nel cor la sua presenza adduce.
I tre vecchi han ripreso il lor lavoro
e a mezza voce hanno intonato un coro.

Samarita.


Un modesto funerale

Dall’Istituto dei Ciechi un funebre corteo partiva il giorno sei corrente per recarsi alla Chiesa Parrocchiale di S. Babila, e poi al Cimitero di Musocco. Precedeva una doppia fila di allievi e di allieve dell’Istituto, indi seguiva il feretro, con una lunga schiera di parenti e amici.

Il più anziano degli allievi, Mauri Angelo, di anni 65, colto da influenza, dopo pochi giorni di malattia, spirava rassegnato e sereno. Prima che il convoglio partisse per Musocco, il Rettore dell’Istituto, nell’atrio di sosta del Cimitero Monumentale, pronunciò le seguenti brevi parole:

«Una parola di addio al nostro buon Angelo Mauri, prima che la sua salma ci sia tolta dinnanzi e portata nel luogo dell’eterno riposo.

«Egli merita bene, per diverse ragioni, uno speciale ricordo da parte nostra.

«Il Mauri è il più vecchio degli allievi che ora fossero nell’Istituto: son più di cinquant’anni che vi appartiene.

«Su questo lungo periodo sta scritta una parola che torna per lui il più consolante degli elogi: ha sempre fatto il suo dovere.

«Lo ha fatto prestando l’opera sua volonterosa in tutti gli uffici nei quali era richiesto.

«Per molti anni nell’orchestra tenne il posto di suonatore di importanti istrumenti, e lo tenne con abilità e sicurezza, tanto da contribuire in modo notevole al buon effetto di assieme, sebbene altri potessero dirsi dotati di maggior coltura.

«Il suo dovere lo compiva poi sempre con docilità e con arrendevolezza, senza farsi rincrescere, lieto di portare col suo contributo un attestato di ringraziamento e di riconoscenza all’Istituto, che sì piamente l’aveva raccolto.

«Ma un altro punto a me preme di ricordare nel Mauri, un officio speciale che egli per tanti anni, in un rapporto delicato, esercitò in servizio di tutta la Comunità.

«Nella nostra Comunità, come in tutte le Comunità rette con spirito cristiano, hanno una parte notevole e degna le pratiche religiose, non solo individuali, ma collettive.

«Nelle pratiche collettive, nell’oratorio dell’Istituto, il Mauri aveva la parte principale di avviare le preghiere e il canto.

«E ciò faceva con ordine, con dignità, con sincerità. Prevedeva, preveniva: non c’era pericolo che una pia usanza venisse dimenticata, e non è piccolo vantaggio che in una Comunità i frequenti ritrovi in Chiesa si rinnovassero col debito ordine. L’ordine era come la salvaguardia del decoro delle funzioni. E tutto ciò faceva con spontanea naturalezza: non gli costava fatica il mostrarsi religioso, perchè lo era.

«Povero Mauri! Noi non ti sentiremo più nel nostro piccolo oratorio, interprete e parte principale delle nostre comuni preghiere!

«Iddio ti chiamò al Tempio eterno del cielo, al quale tu ti preparasti colla buona vita, colla buona morte.

«La morte che tu accogliesti con piena serenità, e quasi con desiderio. Tolto di mezzo a noi ricordati dei tuoi cari compagni, di tutta la Comunità: la Comunità, sta certo, non si scorderà troppo presto di te: ed io parlando a nome di tutti faccio l’augurio che si converte nel tuo maggior elogio e nel nostro maggior vantaggio: possa l’Istituto avere sempre allievi che come te l’amino col cuore, che come te ne procurino sempre il bene colla buona condotta e colle opere. Ti accolga Iddio nella sua pace.»

COMITATO PER LE ONORANZE A GIUSEPPE CANDIANI

Il giorno 16 Marzo dello scorso anno cessava di vivere in Milano, tra l’unanime compianto della cittadinanza, il comm. Giuseppe Candiani, fondatore della Casa Umberto I° dei Veterani a Turate.

Come nella sua giovinezza tra le barricate e colle armi in pugno aveva contribuito al risorgimento politico della patria, nella sua età matura cooperò efficacemente al suo risorgimento economico fondando la prima industria chimica in Italia.