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376 IL BUON CUORE


associazioni, pronto a difendere ed a rivendicare i propri interessi, atto allo svolgimento di un suo proprio ideale di benessere in conformità coll’ideale del benessere collettivo, concio così dei propri doveri come dei propri diritti.

Io, giovane, sono felicissimo di poter constatare in mezzo a questa simpatica adunanza il primo passo, il più difficile, della nuova società che s’è fatta e mi è sopratutto caro pensarne il primissimo inizio.

Una Società di mutuo soccorso fra ciechi? la frase è subito detta, non ha per entro la semplicità della sua forma, nulla che la contraddistingua dalle altre, dalle solite frasi formatesi col sorgere di un sodalizio nuovo: ma pensiamo solo, se lo possiamo far subito ed interamente, la grandezza e l’importanza del suo significato.

Che cosa è stato il cieco nella vita fino ad ieri? che cosa è ancora nel pregiudizio di molti oggi?

Oh la risposta è tristissima: se non è stato precisamente lo zèro, nella coscienza comune non ha certo potuto farsi valere di più. Non hanno valso singole personalità spiccate a far mutar d’opinione la folla; si è gridato all’eccezione, si è detto che non bastava un musicista, che non era sufficiente un poeta, che a nulla valeva un pensatore ed ancor meno un sociologo perduti in tutto il buio del loro gruppo giacente senza luce: si è creduto e fatto credere che nessuna forza umana avrebbe potuto sollevare dall’inferiorità del loro stato, tutti questi offesi negli occhi.

Pochi dalla folla si staccarono per dar loro un aiuto; ma intanto mentre si blaterava e si trascurava, il musicista cieco esprimeva la potenza e la dolcezza del suo cantico, il poeta cieco svolgeva la triste melodia della sua anima o balzava dritto verso la sua conquista ed il suo sogno, il pensatore cieco traeva dalla sua mente feconda l’idea, e la buttava come il seme, sperando; e il sociologo ha dimostrato con la sua logica, la necessità e la fatalità della continua ascensione umana, incitava i suoi compagni offesi ad agire e salire verso tutte le carezze, verso tutte le raffiche, verso tutte le forme della vita.

E fu allora, attorno a questi primi sollevatori della classe, e attorno agli altri pochissimi, che, per cuore, per ingegno, per censo, erano accorsi volonterosi all’ajuto, e fra i quali primeggiava, fulcro d’equilibrio, di saggezza e d’azione, il commendatore Luigi Vitali1; fu allora un fermento febbrile e un anelito di sapere e di sorgere. Fu come l’abbeverarsi di chi fino dal principio della vita aveva appetita la fonte pura senza



  1. Mi è caro a tale proposito ricordare tre strofe che gli ho dedicato quest’anno:

    — Ilare accogli questa mia parola
    perchè la verità dentro le suona
    e se giunge così postrema e sola,
    tu le perdona.
    Essa, in ritmica sintesi, ti dice
    la cosa ch’è più ambita ed è più mesta:
    uomo tu passi, ma pur sta felice,
    l’opera resta.
    Quel che compisti in pia virtù tenace,
    è duraturo più che un monumento:
    dirti cotesto non è troppo audace

    presentimento!

poterla attingere mai. E in mezzo all’affannarsi desioso e al primo dolce tormento del conoscere; che aprendo gli orizzonti sconfinati dello scibile atterrisce la piccola mente, in mezzo all’attonita comparazione del proprio essere con la infinita grandezza degli universi, fra l’agitarsi multiforme delle idee, delle cose, degli uomini; dopo il primo naturale sbigottimento e dopo un logico brancolare a casaccio, dietro quella ch’era sembrata la idea più bella, la cosa più grande, l’uomo più forte, questi esseri, che avevano comuni una grande disgrazia, e un infinito desiderio, confusero in uno solo i loro sforzi disparati, intesero le loro finalità e i loro meriti, s’allacciarono, si strinsero, divennero la falange nuova, e salirono, salirono dove la loro anima e il loro destino li chiamava, verso tutte le carezze, verso tutte le raffiche, verso tutte le forme della vita.

Così essi affermarono con una buona battaglia e con una prima vittoria il diritto di vivere.

Ed è in nome di questo sacrosanto diritto ch’io vi parlo, o signori: e voi sapete meglio di me che è il diritto più grande che si conosca. Esso ha materiato e materia di sè la storia di tutti i popoli, dagli eroismi più commoventi e le viltà più selvaggie, giustifica tanto la mano tesa a sorreggere in atto di premuroso sgomento, quanto quella calante fulminea ed armata a dilacerar nelle viscere; esso è che presiede il continuarsi della specie ed è nella nostra passione e nel nostro pianto, e nella nostra speranza che non muore mai, in tutti gli atti nostri di difesa e d’offesa, di giorno, di notte, fin che si viva e più in là ancora, perchè, per il diritto di vivere, noi consentiamo alla religione il paradiso e l’inferno, e, per la brama che qualcosa di noi rimanga, tutti ci auguriamo o ci siamo augurata l’immortalità.

Il cieco ha, come noi, oserei quasi dire ha più di noi il diritto di vivere.

Avanti dunque, amici miei, avanti ancora e sempre: come avete attinta la vita interna mediante il pensiero profondo, attingete anche lo sviluppo esterno della vita, gli altri uomini lottano, sperano ed amano; lottate sperate amate anche voi. E unitevi in società di mutuo soccorso; c’è nella vostra unione un poema di gentilezza e c’è nell’atto compiuto un maraviglioso passo verso la fratellanza umana.

Voi ne date l’esempio, disgraziati per natura, resi edotti per virtù di energie vostre, giunti all’altezza che omai vi si compete, toccata finalmente la soglia, al di là della quale vi si apre in tutto il suo gagliardo palpito la vita, voi non affilate le armi, non vi lanciate ad abbattere ed a falcidiare chi mova ad un medesimo fine; ma vi porgete le mani, e passa per entro la catena della vostra corporazione, tutta la bontà che vi anima, e tutto il sorriso che vi trasfigura. E noi, riverenti, e noi commossi, lasciamo il passo ammirando.

Sì, voi passate: ma siete così pochi, e disponete di mezzi pratici così esigui, ch’io, mentre vi guardo in cammino, e mi sento martellare dentro più forte, faccio a me stesso una domanda terribile.

Dove, dove andate?

Ah, signori, noi conosciamo lo sforzo ch’essi hanno compiuto, noi conosciamo la speranza che li ha salvati,