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396 IL BUON CUORE


di un Sacerdote Milanese. In essa questo Sacerdote osava scrivere del Manzoni: «Ivi (a Stresa) strinse intima amicizia coll’abate Antonio Rosmini, del quale si dice abbia accettate anche le dottrine filosofiche, della qual cosa noi dubitiamo fortemente, per cognizione (figuratevi!) che abbiamo e delle opere del Rosmini e di quelle del Manzoni....» (p. X). E questo dubbio, che esilarò Milano e l’Italia, lo si enunciava davanti non dirò a quei molti ancora viventi che conoscevano del Manzoni la vita, i documenti, la corrispondenza, ecc., ma quando tutte le persone colte ammiravano da un pezzo quell’inimitabile gioiello e quella insuperabile apologia della dottrina rosminiana ch’è il Dialogo dell’Invenzione scritto dal Manzoni con la penna che scrisse l’immortale romanzo! Se si diffondessero tali scetticismi e cinismi, come potrebbero più i Sacerdoti supporre di trovare ancora qualcuno che credesse in qualche cosa? E come si potrebbe ancora pretendere di dimostrare qualche verità d’indole storica o morale?

Io spero che il P. Angelo Novelli non voglia emulare la poco invidiabile gloria dell’anonimo Sacerdote Milanese. Tale speranza gliela esprimo con simpatia e senz’ombra di rancore.

E a proposito.... un’ultima parola. Il Novelli rileva ironicamente, discorrendo di queste lettere dello Stoppani, una contraddizione tra la mia promessa e invocata imparzialità storica, e le note da me poste in calce ad esse in cui vedo tutto bello, tutto grande negli uomini della mia parte e tutto nero e piccolo in quelli ch’ebbero il torto di pensare diversamente. Egli si fa dunque un curioso concetto della storia e della sua imparzialità. Altro è la passione che fa vibrare tutte le fibre, che fa fremere, piangere, accendere, esultare, accasciarsi, e persino infermare e morire, gli attori di un dramma vissuto; altro è il giudizio della mente che gli storici dopo quel periodo si formano intorno a tali avvenimenti. Il pathos della lotta rosminiana è cessato: il giudizio della mente sereno e tranquillo rimane, e di questo ho usato nelle note, perchè i fatti sono fatti. Se in qualche parte del mio giudizio avessi sbagliato e detto male (ciò che può anche essere) testimonium perhibe de malo... Ma la contraddizione è un regalo che mi de malo vuol fare il nostro scrittore e che io non accetto.

Giuseppe Morando.

Cose indegne d’un gran filosofo


Cioè?... Cioè, provocare del rumore attorno ad un atto di vita intima, e il perdere le staffe, nulla nulla che i nemici screditino in faccia all’opinione pubblica. Non parlo del gesto, molto discutibile del resto, di uscire dalla propria Chiesa a 76 anni; nè dell’altro non meno discutibile, di esservi restato cinquant’anni, ma contro genio e convinzione, e solo per riguardi alla famiglia. Se si vuole, ognuno è padrone di troncare i suoi rapporti religiosi con Dio quando vuole, anche allora che la gente, meglio che uscire dal grembo della Chiesa, suole ritornarvi. Quanto poi ai cinquant’anni

di condotta religiosa finta e ipocrita, chi avrà a lagnarsene dato che un senso gentile di pietà filiale — mettiamo pure esagerato malinteso — li determinò? Dopo tutto, questo è affar suo.

Dunque, ciò che stupisce in Ernesto Heeckel, il filosofo fondatore del monismo, e lo scienziato che avrebbe trovato l’anello mancante fra l’uomo e il bruto, ma che viceversa è ancora un pio desiderio, ciò che stupisce in lui è il rumore di cui circondò la sua uscita dalla Chiesa protestante lo scorso novembre.

Per quanto gli uomini grandi non possano del tutto passare inosservati, tuttavia l’Heeckel, e per l’età avanzata e col pretesto degli studi, non dovea mancare di buoni mezzi per coprire la materialità della sua uscita dalla Chiesa; quind’innanzi si sarebbe astenuto dal frequentare le riunioni cristiane ed era finita. Ma no; che sugo ci sarebbe stato nel ritirarsi così alla chetichella? Quando si vive di popolarità, di chiasso, di libidine di far parlare di sè a qualunque costo, non convengono certe prudenze e certi pudori e certi scrupoli di ferire coscienze deboli, di scandolezzare; purchè il proprio nome vada di bocca in bocca e si parli, si agiti attorno ad esso, tutto è permesso.

Bella poi la dichiarazione di essere stato spinto ad uscire dalla Chiesa «dai perfidi attacchi della stampa clericale e conservatrice.... dalle gravi accuse di pretesa falsificazione della scienza, ecc.» per un gran filosofo, la meschina ragione deve ben scusare un atto così grave! Bella poi anche la stizza e l’indignazione contro i suoi nemici. Insomma, non è vero che i ritocchi fatti ai disegni di vari embrioni per dare la rappresentazione completa del processo evolutivo dall’embrione fino all’uomo, anzichè una integrazione, siano piuttosto un suo trovato, siano una truffa? Ebbene, lo dimostri con sode ragioni; porti l’anello mancante; e se non integralmente, almeno in tale stato anche rudimentale, ma in modo da persuadere. Perchè accalorarsi come fa, dar in escandescenza poco dignitosa, minacciare questo e quello, e poi uscire con fracasso dalla sua Chiesa? Che razza di logica è questa? Ah, filosofo troppo poco grave, compassato, impassibile, inaccessibile alle miserie umane; che posi da grande con questi gesti e bizze e vendettuccie da ragazzo! I filosofi classici d’una volta no, no, non facevano così....

(r. e.)

DUE CAPPUCCINI

diversamente accolti in Inghilterra


(Continuazione e fine, vedi numero 49).


Ora ecco che cosa succede: d’un tratto, gli entusiasmi che scoppiarono facili alla lettura di tante gesta, si raffreddano e succede un atteggiamento di stupore, di freddezza, di ostilità quasi; il Cappuccino Scozzese di punto in bianco passa dall’accoglienza più festosa ad un’altra poco meno che di lapidazione. Perchè? Perchè la critica ha voluto occuparsi di lui, perchè lo