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334 IL BUON CUORE


di Clotilde, la prima proposizione bene accolta, la differenza di fortuna cancellata quando gli riuscisse essere nominato luogotenente. E ora egli tornava innanzi il tempo fissato, onorato di quel grado; aveva mantenuta la promessa, non dubitava che Clotilde non gli tenesse la sua. Mancava, è vero, la madre, ma ecco una testimonianza certa della sua volontà, una lettera ancor fresca che ne affrettava il ritorno, che per anticipazione lo chiamava figliuolo. Stava appunto rileggendo, forse per la cinquantesima volta, quella preziosa lettera, allorchè l’orologio suonò le otto. Per una visita era un po’ presto; ma i battiti del cuore hanno più autorità che quelli dell’orologio, e Rodolfo, scese precipitosamente le scale, corse nella via indicata e cercò il numero della casa Delrio. Mentre stava cercando, ecco vede sboccare da una via di fronte due donne, l’una delle quali all’abito mostrava esser la fante, l’altra, vestita a lutto e velata, la padroncina. Il cuore prima ancora che gli occhi disse il vero a Rodolfo, il quale, varcata appresso a lei la soglia della casa vicina:

— Clotilde! gridò dal fondo del cuore.

— Rodolfo! s’udì tosto rispondere una nota voce. Ma appena colei che aveva pronunziato il suo nome si fu rivolta e lo ebbe riconosciuto, vacillò, cadde sopra un sedile del vestibolo, e pensando alla madre, diede in un dirotto pianto. Il giovane, quasi fuori di sè, non trovava parole per consolarla e protestarle l’amor suo; ma Clotilde levatasi in piedi e fissandogli in volto due occhi pieni di lagrime:

— Rodolfo, gli disse, gran tempo forse passerà prima che ci sia conceduto vederci da soli; uditemi dunque bene: checchè altri possa macchinare in contrario, la mia volontà sarà sempre quella di mia madre, io non porterò mai altro nome che il vostro. Voi siate paziente, io sarò fedele.

E additandogli l’uscio d’un salottino a terreno, sparì. Appena Rodolfo vi pose piede, si trovò faccia a faccia colla signora Delrio.

La Delerio era una donna in sui cinquanta, alta, tonda brunotta. A tutta prima aveva un’espressione bonaria giovialona che ispirava fiducia; ma un certo contrarsi delle labbra, un certo volgere d’occhi al vedersi davanti Rodolfo lasciarono tosto trapelare un non so che di duro, di maligno e d’ironico. Questa visita infatti non poteva giungerle più inopportuna, ed eccone il perchè. Il tutore, appena messo mani negli affari della sua pupilla, aveva scoperto che ella era più ricca assai di quello ch’ella stessa credesse: di che la prima idea generosa dei due consorti Delrio, che si trovavano avere un Augusto per figlio, si fu di farsela nuora. Clotilde ebbe un bel protestare che l’ultima volontà di sua madre era stata tutt’altra, che il suo cuore non era più libero; il tutore, prevedendo le difficoltà anzi l’odioso di quell’impresa, era per cedere; ma la terribile donna, cieca pel figlio, abbagliata dall’oro, sperando nella lontananza del rivale nel tempo, che due anni ancora doveva durar la tutela, si dispose alla lotta e cominciò dal dichiarare seccamente a Clotilde, che un ufficiale vagabondo e senza fortuna non era partito per lei.

(Continua).


Religione


Vangelo della domenica terza d'Ottobre


Testo del Vangelo.


Si faceva in Gerusalemme la festa della Sagra; ed era d’inverno e Gesù passeggiava pel Tempio nel portico di Salomone. Se gli affollarono perciò d’intorno i Giudei e gli dicevano: «Fino a quando terrai tu sospesi gli animi nostri? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Rispose loro Gesù: Ve l’ho detto e voi non credete: le opere che io faccio nel nome del Padre mio, queste rendono testimonianza di me. Ma voi non credete, perchè non siete del numero delle mie pecorelle. Le mie pecorelle ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed elleno mi tengon dietro. Ed io dò loro la vita eterna, e non periranno in eterno, e nessuno le strapperà a me di mano. Quello che il Padre ha detto a me, sorpassa ogni cosa, e niuno può rapirlo di mano al Padre mio. Io e il Padre, siamo una cosa sola.

S. GIOVANNI, Cap. 10.


Pensieri.


— Se tu sei il Cristo, diccilo chiaro.

Che effetto fa a noi questa domanda dei Giudei? Dice essa davvero uno stato d’animo di sospensione e d’angoscia, quale è quello che ognuno risente, quando un problema dello spirito si pone e s’impone alla coscienza? Son questi interrogatori schiettamente desiosi di sapere qualcosa di preciso intorno al profeta che trascina le moltitudini e le converte?

E non l’hanno mai ascoltata la parola di Cristo? Non ha egli parlato pubblicamente alto e chiaro? E non l’hanno capito? O l’hanno capito, invece, troppo bene, e cercano, con impaziente domanda di ottenere una di quelle risposte fiere e ardenti di Gesù, da riportare in alto come un oltraggio, come un’irriverenza, onde avere di che accusarlo e torselo d’intorno?....

Oh, se noi leggessimo sempre meditandolo il Vangelo, come da esso avremo sempre più grande e più vivida la divina figura di Cristo!

Come vivremmo con lui in tutte le contingenze della nostra vita mortale!

Come ci consoleremmo nelle ore amare, pensando che, prima di noi, egli le soffrì e le visse!

Gesù ha tante volte parlato e sa che riparlare sarebbe vano: non ha nessuna fiducia di ricondurre alla verità quelle menti accecate, quei cuori induriti: sa che non sarebbe compreso e non tenta nemmeno....

Però risponde, risponde ancora Gesù, ed io sento, nella parola sua, un senso quasi di stanchezza accorata.

— Ve l’ho detto e non credete.

Che pena pensare che Gesù ha parlato, che ha parlato per infinito amore del bene e non è stato creduto! Che bisogno di dirgli che noi gli crediamo, che la sua parola è la nostra vita, la nostra porzione, che bisogno di dirglielo, perchè è la verità e poi, anche, per quell’ardore che vorrebbe essere una riparazione.... Che bisogno di dire a Gesù che se tanti non gli hanno creduto e non gli credono, noi gli crediamo tanto e con-