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IL BUON CUORE 315


Per la fanciullezza abbandonata


Dai giornali del Veneto riportiamo il grande successo dell’ultima Conferenza che la contessa Rosa di San Marco tenne al Teatro Comunale di Feltre, affollato di elegantissimo uditorio, di tutte le dame e signorine dell’aristocrazia feltrese, dopo di avere compiuta una caritatevole tournée nei centri del Bellunese a prò delle istituzioni provvidenziali pei derelitti fondate dall’egregio M. Giuseppe Bortolon.

La gentil Donna, di ritorno dal suo giro filantropico, si presentò applaudita al proscenio portando anzitutto il saluto del poetico Cadore, della gentile Auronzo e della forte Agordo con una frase ripiena di dolcezza, che servì subito ad accapararle la simpatia dell’uditorio.

Difficilissimo davvero trovo il riportare, anche per sommi capi, la splendida conferenza della nobile signora, che tutte le sue frasi furono scultorie, le sue espressioni quadri smaglianti, le sue figure ripiene di poesia, le sue descrizioni di una finezza artistica completa.

La nobil Donna sia nel toccare con mano delicata e commossa le crudezze dolorose della vita degli orfanelli e dei derelitti come nel rilevare con mano rovente e sdegnata le piaghe sociali del lusso smodato, della pseudo-filantropia moderna, del vizio adorato e dell’onestà vilipesa, tutte cause di una infanzia etica, delittuosa, vero semenzaio di una generazione depravata, fu di una efficacia tale da commuovere sensibilmente l’uditorio.

La conferenza arrecherà certamente buoni frutti.

Intanto, alla pia e dotta conferenziera, Feltre rivolge il saluto riconoscente e rispettoso osando manifestare il desiderio di riudirla presto. Il silenzio religioso che accompagnò il suo saggio dire, ed il fragoroso e ripetuto applauso che scoppiò sul finire, chiamandola più volte alla ribalta siano per la nobile contessa un indice di soddisfazione del pubblico e di lode a chi disinteressatamente si presta per il bene di questi paesi.

Feste di beneficenza a Carugate


Ci scrivono da Carugate;

Nei vasti ed igienici locali dell’Asilo Infantile di Carugate coll’intervento delle Autorità civili ed ecclesiastiche e con enorme concorso di pubblico ebbe luogo l’inaugurazione delle Feste di Beneficenza a favore dell’Asilo stesso.

Brevi, ma felici ed ispirate parole pronunciò l’egregio Sindaco cav. Angelo Riva, il benemerito ed intelligente organizzatore di questa festa, coadiuvato da molti volonterosi e generosi del paese. Egli a nome del Comune mandò un riverente ringraziamento al buon cuore di S. M. la Regina Madre, che volle partecipare alla festa gentile inviando uno splendido orologio da tavolo e a quello di S. Eminenza il Cardinale Ferrari che donò un magnifico calamaio di bronzo.

Per l’affluenza di visitatori, per l’interesse dei bellissimi doni e per la spiegata generosità di tutti, il risultato delle Feste superò ogni aspettativa.

Educazione ed Istruzione


COME SI MANGIAVA


Il duca d’Avenel, nella Revues des deux mondes, pubblica un interessante studio sul come si mangiava nei tempi andati e riferisce, fra le altre le seguenti notizie:

I signori del 1500 somigliavano più ai barbari galli dell’epoca romana che ai francesi del secolo XIX. Sotto Luigi XII i commensali usavano mangiare tutti nello stesso piatto, uso che vige ancora fra i nostri contadini, e bere ad un unico boccale.

Soltanto fra la gente di alto bordo si usava un piatto ed un boccale per ogni due persone, il che, però, non impediva a chi lo avesse voluto, di metter la mano nel piatto centrale. Le forchette vennero in uso solo nel 1690. Prima le regole di buona creanza si limitavano a raccomandarsi di prendere i cibi con sole tre dita senza affondarle troppo entro la salsa.

Nei castelli si annunziava il pranzo dando a suon di corno il cosidetto segnale dell’acqua, tutti andavano a lavarsi le mani ed un galateo del tempo prescriveva che bisognava lavarsi le mani gli uni in presenza degli altri anche quando non se ne sentiva la necessità, affinchè tutti fossero sicuri che le mani che si mettevano nel piatto erano pulite.

Nel medioevo i gentiluomini e le dame, stando a mensa si sbarazzavano degli avanzi di carne delle ossa e delle buccie di frutta, buttandole dietro le spalle. Un galateo italiano del 1544 stabiliva che non è bene grattarsi quando si sta a tavola; inoltre bisognava astenersi il più possibile dallo sputare e, «quando non possa farsene a meno, si sputi con una certa delicatezza».

È noto che fin sotto Luigi XIV, negli appartamenti si sputava per terra senza alcun riguardo. Un regolamento del 1642, in vigore nell’Alsazia fra gli obblighi dei cadetti e degli ufficiali invitati a pranzo da un arciduca, enumera quelli di «presentare i loro omaggi a sua altezza con bel garbo: non giungere al palazzo mezzo ubriachi, non gettare le ossa sotto la tavola: non sputare dentro il piatto, ne soffiarsi il naso con la tovaglia: non sborniarsi tanto bestialmente da cader dalla sedia!!...».

Ed il d’Avenel, sempre nella Revue des deux mondes continua riportando alcune cifre da un libro di conti appartenente alla famiglia di un medico che viveva a Parigi 260 anni fa. Da quelle cifre risulta, per esempio, che il prezzo delle vivande di lusso era quasi eguale a quello dei nostri tempi.

Nella casa del duca di Candale (1650) composta di 50 persone, si spendevano per vitto, riscaldamento e luce, 540 lire al giorno, cioè 11 lire a testa: ma si mangiava poco e male. Il conte di Ribeaupierre, nel suo possedimento d’Alsazia nutriva i suoi ospiti, ch’erano 85, con una spesa quotidiana di L. 2.50 per ciascuno: ma il consumo della carne non era che di 250 grammi e