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98 IL BUON CUORE


con tutti i settari venuti da lui. La riforma divorò i suoi figli stessi.

Oh! venitemi intorno, opere dell’amore, che avete redento il nostro popolo! Noi vogliamo i Santi a nostra salute. Un Santo paga un secolo.

Quel principio di forza, che è nell’unione dei mezzi, nel concorso di molte volontà ad un unico fine, è ben antico nella Chiesa, che ogni opera dell’amore viene da Lei. Carlo ne circondava la sua Diocesi. «Accorrete a me, figli di Dio; ch’io vi accenda nei cuori questo fuoco che mi divora. Un gran proposito io ho fermato: io non reggo a compierlo da solo. Questa città è caduta, le mura si sciolsero, le sue porte sono infrante. Ch’io la ricuperi questa mia patria, ch’io la levi alla faccia del sole! Troppo misere cose abbiamo vedute e sofferte!.... Venite! Cos’è la vita se non si «consuma per la verità e per Dio?» E venivano, venivano primi i figli di S. Ignazio, e quelli di Gaetano Tiene, il nobile veneto, e quegli uomini venerandi, che associarono il loro nome alle grandi sventure, che solcarono il nostro paese; e qui sorgeano gli Oblati di S. Ambrogio, ecclesiastico sodalizio, giurato al suo Vescovo, ora di nuovo ricondotto alla vita, cui Dio benedica e fecondi!

Fu un altro ordine, ch’Ei volle rianimare e dargli un più sudato pane, e avviarlo cogli altri, nato nell’esilio del casto amplesso della patria e della religione. Tutti sanno come esso rimeritasse l’uomo, che ne turbava gli ozii giocondi; ma il Santo fu invulnerato e la religione degli Umiliati era allora dal Pontefice sentenziata di morte.

«La salute del mio popolo è cominciata. Ma starà egli questo bene, ch’io vado edificando? Viene altra generazione ed altre vengono su questa terra; vengono feconde di bene e di male, portano odio ed amore e sventura e felicità: o l’una o l’altra prevarrà, secondo quei sussidii di bene, che troveranno nella terra, ove verranno a posarsi. Oh se questa tradizione di virtù avesse a spegnersi!» — O vero apostolato nelle regioni del tempo, che entra nei secoli ancor non nati quasi vi anima la posterità, e la adduce nelle vie del cielo! Di qui le gigantesche istituzioni di Carlo — le reggie, ch’egli venne innalzando non al pubblico o privato fasto, ma ad ogni morale destino, fino all’indigenza. E dove meglio sorgerebbero sontuosi gli atrii, che là ove si serba l’avvenire della Chiesa e della patria, e il levita entrandovi, s’accorga di quell’alta missione, che vi sta maturando — o là dove s’accolgono i grandi mali, l’infelice senta ancora la sua dignità?

Il seminario diocesano, che primo in tutto il cattolico mondo sorse e s’animò alla voce del Tridentino, il collegio Elvetico, il Borromeo, sono essi soli, tra i molti, l’apparizione di tre grandi pensieri, sono opere di genio, di cui pare siasi dimenticata l’età nostra. Bisognava accogliere in sè l’ultimo, ma potente spiro di quell’età cattolica, che fu magnanima sempre anche negli errori, che coperse di opere sublimi il mondo. Si direbbero compite in più generazioni e furono soverchi quarantasei anni d’una vita esagitata da disastrose vicende e
dispendio di tempo e d’energia. Come è bello vedere questa vera creazione non solo interiore ma pur del mondo esteriore! Come piace in Carlo l’uomo completo, l’uomo del cielo e della terra, del presente e dell’avvenire, della religione e della civiltà! Com’è vero che nella Chiesa, nel sacerdozio è l’idea di tutto il bene!

Non ha fatto tanto la riforma intimata in nome della ragione; e se quei tempi furono troppo tristi che mai ci ha presentato nei trecento anni, che trasse fino a noi, potente in Germania, in Olanda, potente nella Svezia, potente nell’Inghilterra? Hanno diviso l’uomo, la mente dal cuore, la mente e il cuore dalle arditezze del genio; hanno decimato il dogma, e quindi ogni espressione dell’uomo e della verità. L’apostolato stesso, questo argomento di verità, a che si riducea? A questo specialmente, che si gettassero in mezzo alla società degli aridi volumi dalle tenebre di una vita forse contaminata. Che si vuol dare quando non la verità, ma alcune verità si abbandonano in mezzo al popolo, senza un nome divino che le protegga, senza una virtù che in sè le concreti, senza il sacrificio che le cinga d’una aureola di martirio?.... L’apostolato della carità noi l’abbiamo avuto in Carlo. Non trattenete l’uomo di Dio, non ditegli che è vastissima la diocesi dal Po all’Alpi, che irrompono le pioggie, che sono cocenti i soli, che i monti sono erti, inabitabili... Là dove s’ergono quei vertici nevosi vi sono dei dolori, delle lagrime che cadono ignorate; e là dove ride il cielo o dalla terra sale un profumo di felicità, forse l’errore, il delitto. «O figli, vi troverò, vi sentirò al mio cuore, vi darò Iddio. Si, sono io il vostro pastore: Vi siete posti ben lungi, ma io vi ho raggiunti». Lo viddero le cime dei monti di Lugano, di Como, di Bergamo.... L’ebbero visto, prostrato ai piedi dei colpevoli, chiedere, col pianto la loro conversione.

Fermava i suoi passi in un’ultima chiostra dell’alpi; egli era giunto al Reno, confine tra la verità e l’errore, come un giorno tra la civiltà e la barbarie: a occidente di quelle giogaie doveva travagliarsi l’altissimo spirito di Francesco di Sales. Quello era la vanguardia della eresia; di là si scendeva in Italia, e l’apostolo, dopo d’aver contrapposto la vera riforma all’opera de’ novatori, ora stava loro di fronte. E sturbava coll’amore e col terrore quell’infame ricettacolo d’ogni tristizia, sicchè dovesse all’impresa cingersi de’ suoi più forti, e vi potesse intonare poi l’inno della vittoria. All’apostolo non mancava che il martirio. Il dolore è lo stato più vero, più intimo, permanente nell’umana natura scaduta. Ma ha pur esso le sue grandi giornate. Dalla vicina Lodi, Carlo entrava le porte di Milano; incontrava la muta costernazione d’una città in cui è discesa una terribile certezza. E tutta fu subito intorno al padre suo, insiem commisti ogni età, ogni sesso, ogni grado — un solo dolore.... Egli, levato nel mezzo, quasi a presentarlo quest’immenso dolore.... Oh! spettacolo dell’Episcopato solo eretto a tutela della umanità, tra le altre rappresentanze, che il giorno della morte ha disperse! Carlo resse, bastò da solo: che i poteri civili, dai presidi stessi abbandonati, devenivano a lui; e le molte parti del potere spirituale, cadute da mani tremanti,