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94 IL BUON CUORE
tato fin sulle tue porte ti ha dispersa; ma tu ti sei raccolta ancora sul tuo campo”.

Cominciato a Vicenza, interrotto, proseguito a Trento, il Concilio, traslato da Trento a Bologna, ricondotto da Bologna a Trento. Carlo l’ha riunito per una di quelle volontà instancate a cui tutto si concede. Da Roma tutto dirige: nomina i presidenti, manda il programma, insiste sulle questioni più importanti, rivede le decisioni prima di sottoporle al Pontefice; i corrieri che giungevan da Trento ammessi a qualunque ora di notte. Mirabile l’ultimo periodo in cui, compilati gl’immortali decreti sull’Eucaristia, sul Sacrificio, sull’Ordine, quegl’Infulati s’abbracciarono piangendo. Erano gridi di gioia della salva umanità cristiana.... La riforma propagavasi dai Pirenei all’Irlanda, dalla Filandia all’Alpi. Forsechè ella poteva tanto invadere se non si abbracciava ad un principio di forza che fu potente ausiliare?... Chè Carlo non solo non assunse alla sua riforma, ma spesso gli toccò di combattere e di vincere, trovatolo sulla sua via.... Tendere l’orecchio ai gridi che rivelavano o la coscienza o la corruzione di un popolo; unire tutti i partiti con una idea comune per metta della parte più degradata del cuore umano; così si feconda di strania forza una sterile idea. Se questa è costituita come prezzo di brillanti risultati, come solo il sublime pericolo di un bene atteso, desiderato, la causa è vinta per l’errore. Rivalità con una terra ove si era decisa la contesa fra la Chiesa e l’impero; — nimistà all’impero nei principi; tendenza nel popolo a sdossarsi una moltitudine di servitù, furono gli elementi di forza ch’ella venne man mano raccogliendo entro al mescersi delle idee e delle passioni popolari, e dispotismo e ogni modo di una potenza tirannica quando non le idee solo di quel tempo funesto, ma si aggiunse, — la riforma, — le persone, e vestì elmo e corazza. Le violenze nell’Inghilterra erano riuscite allo scisma.

(Continua).




Nel 12.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI vi sono le vite dei più famosi Santi.




Le Esposizioni di Torino e Roma nel 1911

E IL BRASILE

Da mano gentile e amica abbiamo ricevuto il Corriere Italiano che esce a Rio de Janeiro ed è diffusissimo nelle numerosissime colonie dei nostri connazionali sparsi nel Brasile. Il numero del 13 febbrajo contiene il ritratto del Commissario generale del Brasile per le Esposizioni di Torino e Roma nel 1911, il dott. Padua de Rezende, di distintissima famiglia brasiliana, alla quale siamo amichevolmente legati dai fili d’oro dei Missionari Salesiani.

Nell’inviare il nostro saluto all’onorevole Commissario, che in Italia troverà le più cordiali accoglienze, ne diamo il ritratto morale, pubblicato dal Corriere Italiano.

“Fregiando le nostre colonne della effigie del dottore Padua de Rezende, assunto all’arduo compito di
rappresentare il Brasile alle Esposizioni di Torino e Roma nel 1911, intendiamo, oltre che fare cosa egualmente gradita ai nostri connazionali di quì e d’oltre Atlantico, porre in luce quale affidamento di seria competenza e quale pegno di civili risultati offra tal nomina.

“Il dott. Padua de Rezende, ingegnere di grido e amico di lunga data degli Italiani, ebbe infatti l’onore di rappresentare il proprio paese nella Esposizione mondiale di St. Louis, e di far parte, in qualità di vicepresidente, del Comitato ordinatore dell’ultima Esposizione Nazionale di Rio de Janeiro.

“Ai suoi pregi di carattere e al suo valore, si aggiunge l’autorità che gli proviene dall’esser egli a capo di molte fra le più importanti Compagnie industriali del proprio paese. Ad ogni iniziativa, ad ogni impresa ove attraverso l’utile privato traspaia una possibilità di incremento alle industrie, ai commerci, alla economia della Nazione, egli volentieri apporta il contributo della propria vigorosa pratica di organizzatore e del proprio alto intelletto. E gli incarichi, onde la fiducia degli Enti o del Paese lo investe, trovano sempre nella sua rettitudine, competenza e amor patrio, la miglior garanzia di un degnissimo assolvimento.

“Il Brasile dunque, più che la persona del dott. De Rezende, è da felicitare per la scelta auspicata”.





Dopo un’alternativa penosa, confortato dalle speranze della Fede e dalla tenerezza de’ suoi cari, il commendatore Giuseppe Candiani è spirato mercoledì mattina nel suo palazzo in via Cesare da Sesto, ove da mesi i visitatori si affollavano per avere notizie del patriota benefattore che, forte come quercia, aveva piegato alle ultime tempeste d’una vita operosa e travagliata, e andava lentamente spegnendosi.

Giuseppe Candiani nacque l’8 aprile 1830 e dal padre patriota ebbe instillato un odio profondo all’occupazione straniera. Col padre fu tra i primi a scendere armato sulle strade all’alba del 18 marzo 1848, e finita la rivoluzione, si arruolò nel battaglione studenti, combattendo al blocco di Mantova ed a Piacenza. Fu ferito alla battaglia della Bicocca e, pagato così il tributo di sangue alla Patria, ritornava agli studi interrotti conquistandosi in mezzo a difficoltà la laurea in farmacia all’Università di Pavia. Nel 1856 cominciò la sua carriera di industriale colla collaborazione di un solo operaio, gettando allora le basi della grande industria chimica in Italia e riuscendo ad affermarsi in breve, tanto da essere nel 1862 mandato dalla Deputazione provinciale di Milano in Inghilterra a studiarvi l’industria chimica. Quella visita fu una grande scuola per lui, poichè suscitò i più ardimentosi propositi che si trassero in atto coll’ampliamento della fabbrica di San Calocero. Nel 1873 fu giurato all’Esposizione internazionale di Vienna, stringendovi amicizia colle più distinte personalità della scienza e dell’industria chimica europea, e pubblicando