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14 IL BUON CUORE


mirabile: in cui l’anima umana, liberata dal Dio fosco tenebroso e crudele alleato dei tiranni, «risorga e regni!»

Malgrado le tirate contro i preti, o più giusto contro il governo politico dei preti, noi abbiamo creduto opportuno di citare questi giudizi. Queste tirate ora non hanno più ragione di essere. Il Potere Temporale dei Papi è cessato. Cessato il fatto, deve cessare la censura del fatto. E allora resterà solo il prete, col concetto e coll’ esercizio puro del suo santo ministero. Il clero si confonderà col concetto stesso di Dio, di cui il clero non è che l’espressione vivente dell’opera sua sulla terra.

La missione unificatrice ed elevatrice della Chiesa in mezzo alla società, così lealmente riconosciuta e splendidamente cantata dal Carducci nell’epoca del Medioevo, ripiglierà il suo corso e la sua efficacia nell’evomoderno. Quanto questo concetto elevato della missione sociale della Chiesa, predicata dal Carducci, è agli antipodi del concetto che della Chiesa si sono foggiato gli apostoli del laicismo, sinonimo, nell’attuazione pratica, di ateismo!

Dio, per mezzo della sua Chiesa, è la luce, è la forza, è la coesione della società: come è bello il poter dire: questa verità, insieme a noi, l’ha solennemente proclamata Giosuè Carducci!

IL BUON CAPO D’ANNO

DEL PELLEGRINO ITALIANO1.

E’ fa dieci anni che mi son partito,
Italia, ch’hai sì bello il monte e il mare;
ogni anno sopra l’Alpe io son salito,
perchè il buon anno almen ti volea dare;
ma ogni anno appena che t’ho riveduto
mi s’è stretto nel core il mio saluto;
Sta volta, se il mio cor non mi fa inganno,
ti porto, o Italia mia, ’l buon capo d’anno.


Popol di Micca e popol di Balilla,
voi siete all’ombra dei colori belli,
ma di là dal Ticin fin altre a Scilla
guardate i bei color che sono quelli!
Guardate un po’ di là per la pianura
quanti vi chiaman da la sepoltura;
sta volta, se il mio cor non mi fa inganno,
io darò prima a voi ’l buon capo d’anno.


Sono un povero vecchio pellegrino,
posso andare senza passaporto;
tu, che fai la guardia in sul Ticino,
io son passato, e non ti sei accorto;
  1. Questa poesia venne declamata nell’Accademia finale all’Istituto dei Ciechi. Quando fu pubblicata al principio del 1859, essa corse in un baleno tutta l’Italia, suscitando il più vivo entusiasmo. Altre poesie del Mercantini venute poco dopo, e rimaste celebri, come l’Inno di Garibaldi, La Spigolatrice di Sapri, La Madre veneziana, misero questa nel dimenticatojo. Molti però udendola, desiderarono, tanto loro piacque, di poterla rileggere. E noi siamo lieti di accontentarli.
forse fra poco te ne n’accorgerai,
ma allor la guardia più non ci farai;
sta volta, se il cor mio non mi fa inganno,
ti porto, o Lombardia, ’l buon capo d’anno.


Oggi tu hai la neve e il tramontano,
pur sei sì bella e mi rallegri il core;
ci rivedrem più allegri, o mia Milano,
quando verranno i mandorli col fiore:
verrà col fiore del mandorlo la rosa,
tu, o Milano, allor sarai gioiosa:
qui ’l verde è sempre vivo, ed ei lo sanno;
tu, o Milano, avrai ’l buon capo d’anno.


Non istar più sì tacita e sì bruna;
sveglia, o Venezia cara, il tuo liuto:
le tue gondole spargi alla laguna,
di’ al tuo leone che non stia più muto;
di’ al tuo leon che salti in cima al ponte,
li faccia passar di là dal monte;
di là passati, più non torneranno,
e tu, o Venezia, avrai ’l buon capo d’anno.


O grandi, che abitate in Santa Croce,
certo che voi qui non ci state indarno;
alza almen tu, o Vittorio, la tua voce,
fa tremar le due sponde a tutto l’Arno;
risplenderà una spada in Gavinana,
splender la vedrà tutta Toscana;
i figli tuoi, che a Curtatone stanno,
mandan, Firenze, a te ’l buon capo d’anno.


Addio, care marine, a me native;
addio, poveri amici, entro le fosse;
mi fermo appena per baciar le rive,
le rive del mio Tebro ancora rosse;
mi fermo appena per baciar le mura
dove Cola e Mameli han sepoltura;
le sepolture si commoveranno,
tu avrai, Roma mia, ’l buon capo d’anno.


Oh i bei pendii di Ghiaia e Mergellina!
oh gli aranceti di Castellamare!
Qui la terra d’Italia è più divina,
ma qui si è condannato a sospirare;
sospiran l’onde, sospiran le zolle,
perchè di sotto a loro il sangue bolle;
ma la natura vincerà il tiranno,
tu, o Napoli, avrai ’l buon capo d’anno.


E te saluto alfin, Sicilia bella;
solo a vederti mi s’infiamma il core:
tu pria ci hai dato il suon della favella,
tu pria ci chiami ai giorni del furore:
qui anch’oggi aspetto il suono della tromba,
qui aspetto fin che l’Etna non rimbomba:
anche di qua dov’hai l’estremo affanno,
ti mando, Italia mia, ’l buon capo d’anno.

Luigi Mercatini.

Gennajo, 1859.