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76 | LA PRIAPEA |
XVIII.
Entra su, donna, tu che stai pensosa
Poichè sì presso l’uscio se’ venuta:
Entra, e non farmi innanzi la cigliuta,
4Che delle gravitá n’ho piene l’uosa.
Cotesta tua finzione è dispettosa,
E appunto dentro al culo mi starnuta:
Non s’ha da far duello, nè disputa,
8Ma tosto o dentro o fuora, a quella cosa.
Credi col tuo contegno che sai fare,
Perchè rizzato, e ’n furia mi vedi,
11Che ovunque vai ti debba seguitare?
Gli è error ben grosso, sè ciò pensi o credi,
Che se la potta mi vuoi mai prestare,
14T’è forza, figlia, di prestarmi i piedi.
XIX.
Donne, credo che agli occhi mi vedete,
Quanto mi fate stomaco e dispetti
Con gli occhi da pinzochere e bassetti,
4Come voi per usanza procedete.
Perchè appunto le gatte mi parete,
Quando in amore vanno e per li tetti,
Così voi spigoliste picchiapetti,
8Sospirando e piangendo vi fottete.
Ite alle forche, come meritate,
Bizzocche e puttaname da cappella,
11E col cilizio a i colli v’appiccate.
Non si sa ciurma ghiotta, ipocritella,
Che i cazzi che con gli occhi dispregiate
14Vorreste aver per entro le budella?