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DEL TANSILLO. | 59 |
CLXVIII.
Vergognar tu, vergogna, ti dovresti
D’apparir quì tra noi nel tempo, quando
Le parole e i pensier gravi ed onesti
1340Son da noi relegati, o posti in bando.
Dovevi udir, se non sei sorda, questi
Che ti van con lor grida via scacciando:
Nè puoi scusar che ’l grido non s’intende
1344Ch’ogn’uom per farsi udir nell’aria pende.
CLXIX.
I tanti tuoi timor, tanti rispetti
A i giorni sacri, non a questi serba,
Or con lascive voci or con bei detti
1348Ciascun le sue fatiche disacerba:
Trova duque vergogna altri ricetti,
Mentre per addolcir la vita acerba
N’empion de’ frutti lor canestro e sacco
1352Non Giove e Palla, ma Venere e Bacco.
CLXX.
Poi che andar non sen vuol quest’importuna,
Che partir si devría, partendo il giorno;
Siccome quella che a splendor di Luna
1356Suol raro ire a turbar l’altrui soggiorno.
E perchè credo, che di voi ciascuna
Voglia forse alla villa far ritorno,
Salvo chi restar meco desiasse
1360Per veder se al mio dir l’opra uguagliasse.