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DEL TANSILLO. | 23 |
LX.
Io dò il mio colpo a terra e raro e forte,
Non spesso e debil, comme molti fanno,
E però giova che sian grosse e corte
476Le verghe, che alla zappa entro si stanno;
Lunghe e sottili, in breve si fan torte,
Che per rizzarle, vi si perde l’anno:
Empie il pugno il baston, ch’è qual v’ho ditto,
480Si adopra meglio, e si mantien più ritto.
LXI.
Vi son genti talor cotanto ingorde
Di finir tosto, che non zappan bene;
Onde appena il terren da lor si morde,
484Che vorría il ferro fin dentro le vene:
Escon le zappe di sotterra lorde;
Però forbirle spesso si conviene:
Bisogna ancor, perchè s’attenda ii frutto,
488Che sia il terren quando si zappa, asciutto.
LXII.
Con tanta agevolezza il palo adopro,
Che mai sospir di bocca non esalo;
Pria con la falce in man la terra scopro,
492Indi nel grembo suo lieto mi calo,
E col mio corpo tutta la ricopro,
Piantando nel bel sen tutto il mio palo;
Cava, nè mai da sul terren si tolle,
496Finchè del mio sudor fo il fosso molle.