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22 | IL VENDEMMIATORE |
LVII.
Chiunque brama con quest’arme oprarsi,
Convien che membri abbia robusti e sani;
Che per molto chinar, per spesso alzarsi,
452Stanco dal bel lavor non s’allontani;
E perchè possa, ovunque vuol girarsi,
Il corpo abbia leggier, destre le mani,
Colme midolle abbia di caldo umore,
456Acciò che sudar possa a tutte l’ore.
LVIII.
Di queste, e d’altre cose, s’io n’abbondo,
Non credete a mia lingua, ma a’ vostr’occhi:
E se il veder non basta, io vi rispondo,
460Che farò quì, che il ver con man si tocchi;
E cose troverete rare al mondo;
Non fate voi l’error che fan gli sciocchi,
A rimaner contente del pensiero:
464L’esperienza è il paragon del vero.
LIX.
Fortunato il terren, ch’ha il mio governo,
Che più che il giorno vi sto sù la notte;
Nè per molto zappar la state e ’l verno,
468L’integre forze mie cadder mai rotte:
Tra l’uno e l’altro mar Reggio e Salerno,
Aspro villan non dà, qual’io, le botte;
Talchè non pur il ferro addentro caccio,
472Ma l’asta ancor vi mando insino al braccio.