Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu/28

20 IL VENDEMMIATORE

LI.


    Non siate, donne, ingrate e neghittose,
Dove cortese e presto il ciel v’è stato:
Se siete del ben vostro desiose,
404Fuggite e l’uno e l’altro empio peccato:
Sian le campagne rase, siano erbose,
Trovi ciascuna al suo giardin beato,
Chi notte e dì s’ingegni, s’affatighi,
408Il terreno lavori, e l’erbe irrighi.

LII.


    Ed io, come un di lor che di quest’arte
Fui vago da che nacqui, e sono ognora,
E come usar si debba a parte a parte,
412A qual guisa, a qual loco, ed a qual’ora,
Per prova so, non per voltar di carte,
E che per vostro amor contento fora
Andar, s’uopo vi fosse, al regno stigio,
416M’offro ed al vostro, ed all’altrui servigio.

LIII.


    E benchè ad uom che pregio ed onor brama,
Di sè stesso parlar molto sconvegna;
Perchè la lingua, ove il cor teme ed ama,
420Non è nel suo parlar di fede degna,
L’esser altri precon della sua fama,
Pur qualche volta par che si convegna,
Quando viene a parlar per un di dui,
424Per fuggir biasmo, o per giovare altrui.