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184 | LETTERE |
vita, perche vivendo mi si dia tempo da flagellare i suoi vizj, sapendo il sommo fattore che l’armi mie sole aguzzatemi dalla natura a terror del vizio, sono bastevoli a conculcare i suoi. E per tanto parmi d’aver ottenuto a grazia dalla sorte che la signoria vostra restò fuori di quello ch’io promesso le avea, e che mi furono date tante duplicate cagioni d’esserne uscito, ancora che la ragione non avrebbe voluto, ch’io, a qualunque uomo che sia, non che a voi, al quale son debitore d’ogni riverente atto per rispetto delle sue cortesie, avessi fato dono di quell’occasione che giustamente cercava, e che (dirò così) Dio m’avea posta innanzi da tor vendetta d’un sì tristo uomo con l’onor del mio nome, e col contento di mille buoni.
E m’era assai a doverlo fare, se ben egli non fusse stato nè argomento dell’assassino, nè stimolo dell’assassinato, ma solamente perche colui era de’ suoi, perocchè il gaglioffo la volse coll’arcivescovo di Cipro, mentre avea gara col Fortunio e col vescovo di Verona per rispetto d’Achille. Nè io con altri che con esso lui dovea prenderla, che l’osservare il grado della riputazione tanto più sta bene a me, quanto egli offende i buoni, ed io i tristi suoi pari. Benchè egli mostrando di volerla con i protettori de’ suoi avversari non tanto il fa per scoprirsi nella grandezza, quanto per coprirsi nell’ignoranza, sapendo che ne i vescovi ne gli arcivescovi, ne i prencipi gli sapriano rispondere con le rime, con