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DI NICCOLÒ FRANCO. | 181 |
in più gloria, che l’Albano servitore d’un Cardinal Farnese mi tenga nel cuore, che non mi risulterebbe se tutti i Provenzani mi fusser schiavi. Fammi più prò l’aver assaggiata la gentilezza di messer Francesco Trapparello, e del reverendo Pier Francesco Cocastello, gloria de’ preti, non che de’ piovani, che non mi avrebbe fatto a tutto pasto la miseria de i tinelluzzi. Non vorrei non aver goduto messer Bessario de’ Malvezzi per le mitre di mille vescovi, perchè il torto della sua gamba ha più del dritto che non ne veggiamo negli andamenti preteschi. Sommi dunque doluto indegnamente della fortuna, e le ne chieggo perdono col darmene grave colpa. E se nol facessi, torrei le debite lodi a tutti coloro, che con la signoria vostra pare che onorino i grandi della vera e schietta amicizia. Onde per non usar villanía alla gentilezza della fortuna, ho voluto darvene un segno per una lettera, la quale ad altro fine non vi si scrive. E vi bacio le mani.
Di Torino del mese di giugno del 1541.
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