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178 | LETTERE |
tica fede dell’essere io stato quel ch’io non sono.
Di Torino, di giugno del 1541.
NICCOLÒ FRANCO
al signor
GIROLAMO MORO,
tesoriere in monferrato.
Debbo alla malignità de’ nemici, ed alla tristizia degli amici restare anzi che non obbligato. Perche se le lor congiure non intravenivano negli oltraggie ne i danni miei, starei tuttavia dove pareva ch’io potea esser preda delle mani loro, nè perciò mi saria stato lecito di far l’acquisto ch’ho fatto. Ecco prima per questo, i maligni nemici sotterrati d’eterna infamia, ed a i tristi data acre percossa dell’error loro, poichè fo lor conoscere che in vece de i dieci tristi, me ne ho procacciati i duecento buoni, sì che la sorte non m’ha peggiorato un punto come avrebbono voluto, poiché tali furono i loro portamenti con me, che ogni necessità mi desideravano ed ogni male, perch’io avessi ricorso agli ajuti loro.
Conoscevano i ghiotti l’intrinseco dell’esser mio, e sapevano ch’io non so aver faccia nel mendicare, e sapendolo avean per fermo d’aver