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NICCOLÒ FRANCO.


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PRENCIPI.


Prencipi, io v’ho parlato in rima, ed ora vi parlo in prosa. Che parte abbiate fra tante infamie d’un infame, ve lo potrete conoscere sè la vostra trascuraggine non fia così cieca in leggere, come è stata in donare. Che ciò ve ne segua con ogni ragione, ragionevolmente si può conoscere, vedendosi che non altro che la corriva e vostra istessa ignoranza, spaventata dalla carogna d’una lingua insipida ve ne è cagione, sì che i suoi vituperj mai non si leggeranno, che i vostri parimente non v’abbiano luogo, de’ quali tanto più la chiarezza ne fia palese, quanto si vedrà chiaro, che timorosi per la coscienza de’ vizj che vi rimordea, abbiate cercato di ricoprirveli con l’amicizia del viziosissimo, perciocchè il prencipe che buono è, e che tiranno non è, non dee, nè può temere la malignità delle lingue. Era Pietro Aretino infame, nè d’altro sollecito che dell’infamare altrui, e sendo sì, non dovevate farvi ismovere da’ suoi bajari, poiché il tutto si saría attribuito non alla colpa de’ vostri vizj, ma a quella del suo difetto. Che gloria sarà a quest’ora de’ romani prelati, poiché la loro costanza ha pur vinto alfine la sfacciata malignità