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NICCOLÒ FRANCO,
a
GIOAN ANTONIO GUIDONE,
impressore.
Egli è chiaro che le code piacciono all’Aretino, e tanto, che mena smanie per averne una, e per ciò fia con proposito fare un tantino di codetta nell’opera, sì, che v’abbiano luogo le quattro epistole che vi mando.
La Priapea, che noi gli abbiamo appiccata al culo, di ragione gli basterebbe se egli de i bocconi ch’io vi dico non fosse sì vago e ghiotto. Parmi dunque, che scarsità non mostriamo per un altro palmo di coda ch’egli ci chiegga. Nè vi cappia nell’animo, che il valent’uomo non stia forte nell’appiccarsigli, perchè sè ciò venne fallito a don Gianni nel far cavalla la sua comare, fu colpa del marito, che sgridando gli ruppe l’incantesimo per le mani; cosa, che non entravenirà col divino, il quale tanto ci garrirà, quanto vedrà che la coda che gli appicchiamo sia piccinina. State sano.
Di Torino del mese di giugno.
Del M. D. XLI.