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164 LA PRIAPEA

CXCIII.


Dormite o cani miei tutti sicuri,
     Dormite, e Dio voglianne ringraziare,
     Che non bisogna mettervi a bajare,
     4Perche più guardia agli orti si procuri.
Tema non c’è più già ch’alcun mi furi
     La menta il giorno come soleano fare,
     Nè che da i rami vengano a crollare
     8I frutti, o sian acerbi o sian maturi.
Già Carlo con la spada e la bilancia
     Veglia per tutti, ed ha seco il gentile
     11Ser papa Paolo con l’etá sua rancia.
Sì, che vedremo innanzi mezzo aprile
     Per virtù loro (e questa non è ciancia)
     14Star tutto il mondo becco in un ovile.


CXCIV.


Priapo, se pur picciolo ti pare
     Il dono, che i miei versi oggi ti fanno,
     Non ne bisogna incorrere in affanno,
     4Perche è scusato chi non può più dare.
Tu sai che Bacco degna d’accettare
     Un grappo d’uva per tributo ogn’anno,
     E venti o trenta spighe che si danno
     8A Cerere, la ponno contentare.
Chi non può aver la polpa, pigli l’osso;
     E poni mente ch’io son poverino,
     11Che per più non poter fo quant’i’ posso.
Tienti all’esempio del divo Aretino,
     Che dove aver non puote il grosso grosso,
     14Non per questo rifiuta il piccinino.