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162 | LA PRIAPEA |
CLXXXIX.
Ebber i cazzi antichi buona sorte
Con tante ninfe quante aveano allora,
E con tante Amandriadi in malora
4Ch’avrian tolta la foja in una corte.
Ora per me le Driadi son morte,
E le Napée non vi sono ancora,
Talchè m’è forza se sborrar vo’ fora
8Che la mia mano stessa mi conforte.
Per tanto non vorrei, che donna alcuna
Me ne tenesse per un cattivazzo,
11Sendo disgrazia della mia fortuna.
Poiché s’alcuna volta io n’ho sollazzo,
Facciol perchè non ho se non quest’una
14Via da sfogare il mio angoscioso cazzo.
CXC.
Non vi maravigliate o spettatori
Vedendo i fatti miei tutti bagnati,
Ch’io non mel meno come fanno i frati
4Quando voglian purgare i mali umori.
Questo soverchio che vedete fuori
È stato un sogno, e perche dichiarati
Vi siano i fatti miei come son stati,
8Vel dico appunto come a’ confessori.
Parea pur dianzi di sognarmi a lato
D’una mia ninfa, e star per una pezza
11Fra le sue gambe tutto inviticchiato.
Onde sì fatta è stata la dolcezza,
Tale il trastullo meco divisato,
14Che ’l cazzo mio n’ha pianto d’allegrezza.