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DEL FRANCO. | 161 |
CLXXXVII.
Povere zucche mie, che crudeltate
Vedendo il busto crescervi ad ognora,
E ’l capo in mille capi uscirvi fuora,
4E che col seme in ventre vi moriate.
Bastería certo, se voi foste nate
Meco in un ventre, poichè questo ancora
È quella pena ria che m’addolora,
8Che le semenze mie mi sien vietate.
Tal seme (ahi sorte) al mondo è seminato,
Donde escon papi e principi ghiottoni,
11Che saría meglio che non fusse stato.
E tal seme non ha le sue stagioni,
E tal col vostro perdesi serrato,
14Donde potriano uscire i frutti buoni.
CLXXXVIII.
O bella man che mi distringi il core,
Perche se tu non fossi, i’ creperei:
E per te mi soccorro a i casi miei
4Col menarmel talvolta in quell’ardore.
Per te senz’altrimenti far l’amore
Ed impegnarmi a vendermi a giudei,
Ottengo ogni gran donna ch’io vorrei,
8E fo le corna al becco imperadore.
Per te, col mal di Francia non mi guasto,
E per vera mercè delle tue prove
11Fo quel bel fatto, e son tenuto casto.
Anzi, quando di me pietà ti move,
Pasco la mente d’un sì nobil pasto,
14Che ambrosia e nettar non invidio a Giove.