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| 154 | LA PRIAPEA |
CLXXIII.
Son risoluto torre dalle menti
Un dubbio, che fa molti dubitare,
Che quella cosa non sì possa fare
4Sì, come dir si suole, a i tre contenti;
Ch’oggi sì grossolane son le genti,
Che se il pan non si veggon imboccare,
Stariano a rischio di non mai mangiare,
8Anzi più tosto di cavarsi i denti.
Stimiamo, verbigrazia, che stia
Polo e Perina o in piede, o su un stramazzo
11Con l’Aretino, ch’io dovea dir pria,
E che volendo poi darsi a sollazzo,
Stia l’Aretino in mezzo, e ch’egli dia
14A Polo il culo, ed a Perina il cazzo.
CLXXIV.
Fannosi tutto dì mille chimere,
Perchè a i cojoni sia la via vietata
D’aver col cazzo una medema entrata
4Tal, che m’è forza dirne il mio parere.
E però sappia chi vorrà sapere,
Che la potta per essere ficcata,
Non fa buone di mille una cazzata
8Per giunger sempre al cazzo il suo dovere.
Ma il cazzo, che sa ben le sue ragioni
S’avvede, che la potta traditora
11Quasi mai non gli fa suoi conti buoni.
E tal che i fatti non gli nieghi ognora,
Ci trova spediente, che i cojoni
14Ci stien per testimonj di fuora.
