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144 | LA PRIAPEA |
CLIII.
Guarda se son brigate maledette
I medici, e canaglie rinegate,
Che in ogni male, e in ogni infirmitate,
4Fondano sopra i culi le ricette.
E chi ben guarda a quelle lor pandette,
Forse perchè le pesche gli son grate,
Troverà sempre, ch’alle prime date
8Non pensano far altro che borsette.
Io mi credea, che in quanto a questa parte
Sol de’ prelati si potesse dire,
11E nessun altro gl’incantasse l’arte.
Ma ora il mondo se ne può chiarire,
E scriversi per cedole e per carte,
14Che a santo culo ognuno va a ferire.
CLIV.
Questo arboscello dall’India portato,
Ch’a i mal de’ cazzi avanza tutte l’arti,
Priapo, quì vuol oggi consecrarti
4Il puttanesmo, insieme raunato.
Nè vuol ch’all’orto tuo resti piantato
In una pur, ma in più di mille parti;
E però sappi molto ben guardarti,
8Che per disgrazia non ti sia rubbato.
E perchè non c’annasi pur un cane,
Tienci le guardie intorno, e dentro e fuora,
11E con balestre, e con ciarabottane.
Talchè ne resti la memoria ognora,
Nè mai pensar si possa alle puttane,
14Ch’al legno santo 1 non si pensi ancora.
- ↑ Salsapariglia.